Tra le battute rivolte all’ormai debordante dossier giustizia, ieri Matteo Salvini ne ha destinata una anche al “ribaltone” tra le correnti del Csm: «Non vorrei che tutto questo avesse come esito solo il cambio di maggioranza». Chiaro riferimento all’improvviso balzo in avanti di Autonomia & indipendenza, il gruppo di Piercamillo Davigo, che grazie ai consiglieri Ilaria Pepe e Giuseppe Marra, formalmente entrati ieri in plenum, diventa il più rappresentato, da che era il più esiguo.

Ma l’idea che il Consiglio superiore stravolto dal caso Palamara possa avere chissà quale disteso e ampio orizzonte è smontata da Alfonso Bonafede. Il ministro della Giustizia chiarisce, infatti, di voler «chiudere tutto entro dicembre». Vale «per le riforme del processo civile e del processo penale» e anche per quella «del Consiglio superiore della magistratura». Di più: il termine di dicembre «si riferisce anche all’approvazione dei decreti delegati».

Entro fine anno insomma arriveranno le nuove regole sul sistema per eleggere i togati e sull’attribuzione degli incarichi direttivi. È ragionevole credere che a quel punto il Csm ora in carica non potrà andare avanti per molto: ci sarebbero le condizioni per eleggerne uno nuovo. Lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha spiegato nei giorni scorsi di aver escluso l’ipotesi di scioglimento dell’attuale Consiglio non perché immotivata ma proprio per evitare di eleggere il prossimo con le regole vecchie. Cambiate queste ultime, la magistratura sarà probabilmente costretta a voltare pagina anche nella composizione del proprio organo di autogoverno.

Bonafede e Salvini sono parsi d’accordo anche su altro. Sui tempi delle indagini ( «ti do un anno, ma se non hai trovato niente torni libero cittadino», ha tagliato corto il leader leghista) come sulla fine delle porte girevoli fra ordine giudiziario e partiti. «Se fai il giudice e fai politica ti dimetti per sempre dalla magistratura», ha ribadito il vicepremier. E il guardasigilli si è detto d’accordo: «La terzietà del magistrato è una condizione irrinunciabile per la democrazia». Non dovrebbe essere una stagione gattopardesca, insomma, almeno nelle intenzioni del governo.