Era la prima volta che una partita della nazionale femminile andava su Rai1 e in prima serata, ma gli italiani e le italiane non si sono fatti desiderare e in sei milioni e mezzo hanno seguito la partita. L’altro ieri Italia- Brasile ha raggiunto il 29,3 per cento di share, la trasmissione più vista della tv. Un successone, che all’inizio di questo mondiale, era auspicabile ma non prevedibile e che fa ben sperare sul cambiamento organizzativo del calcio femminile in Italia. E’ arrivato il momento di fare il salto nel professionismo, che significa più dignità e più soldi. Intanto molti e molte stanno scoprendo quanto sia divertente il football anche quando giocato dalle donne, dando ragione a chi scommetteva sulla spinta contro i pregiudizi che il mondiale di Francia avrebbe dato soprattutto in Paesi come il nostro in cui questo sport è meno diffuso. Ma per paradosso più cresce il successo, più si sentono riproporre i principali stereotipi. Siamo in quella fase di mezzo in cui si esce dal “silenzio” ma non ci sono ancora del tutto il linguaggio e l’immaginario necessari ad affrontare la novità. Senza pretesa di verità e di essere esaustive, qui di seguito vi proponiamo qualche suggerimento.

LA RETE È PIÙ PICCOLA?

Non andate su google per verificare: la rete ha la stessa grandezza del calcio maschile. Stesso campo, stesse regole. La partita dura novanta minuti più il recupero, sempre troppo quando si sta vincendo di misura. Ci sono tre sostituzioni. E, udite udite, se si commette fallo, l’arbitra fischia. Stessa è anche la tattica di gioco: va forte il modulo 4, 4, 2. Ma la capitana, Sara Gama, se necessario fa la marcatura “a donna”. Da questi mondiali è stato introdotto il/ la Var, una sorta di arbitro esterno tecnologico che stabilisce la vera entità del fallo, quando si hanno forti dubbi.

È quella domanda che quando la state per fare, dovete contare fino a mille. Il primo luogo perché chi se ne frega di quale sia l’orientamento sessuale delle calciatrici. In secondo luogo perché è come se stesse dicendo che essendo calciatrici, uno sport tipicamente maschile, non sono interessate all’altro sesso, ma sarebbero “come gli uomini”, dando sia al gioco del calcio femminile sia al lesbismo una accezione piena di stereotipi e pregiudizi.

Ecco un’altra cosa da evitare. Dire che sono più brave dei campioni del calcio maschile, è comunque la riproposizione di uno stereotipo. Si risponde a chi considera il calcio femminile come “ridicolo” contrapponendo l’immaginario della donna “angelicata”, superiore agli uomini, che quando fa una cosa la fa meglio. Non cadete in questo schema. Raccontate il calcio femminile fuori da queste categorie, provate a liberarvi dalla solite caselle e della vostra idea di “maschile” e “femminile”. Le calciatrici non sono più gentili: se devono sgomitare, sgomitano; se devo entrare in scivolata, non ci pensano su due volte; se devono fermare l’avversaria, non temono l’ammonizione. E non sono più brave dei colleghi che sono rimasti, per questa volta, fuori dai mondiali.

Il linguaggio è forse la sfida più grande. Proviamo a declinare qualche parola. La capitana, la commissaria tecnica, la goleador, la portiera. Non dite: marcatura “a uomo” o penetrazione quando entrano nell’area avversaria. Usate il femminile: la grammatica è dalla vostra parte. Ma soprattutto è dalla vostra parte un cambiamento epocale che sta avvenendo nel mondo del calcio e nella società più in generale. Solo una piccola concessione: se l’arbitra sfavorisce in maniera plateale la vostra squadra, potete lasciarvi andare al classico epiteto “arbitra cornuta”. Dopo decenni di accuse ( maschiliste) alle compagne o mogli, ribaltiamo la frittata con un po’ di ironia.

SE SIETE GENITORI...

Se avete una figlia che vuol giocare a calcio, incoraggiatela. Non pensate più, dopo questi mondiali, che chi gioca a calcio è un maschiaccio. La nostra nazionale ha dimostrato che c’è spazio per tante ragazze, anche molto diverse tra loro. L’identità di genere non può essere chiusa in un unico modello, imposto peraltro da un immaginario che spesso le giovani donne subiscono. La donna volitiva, forte, decisa che abbiamo visto in campo può essere un esempio nello sport e nella vita. C’è posto per tutte. Ma il gioco del calcio è una esperienza unica per chi vuol fare squadra, divertirsi, vincere una sfida. Non guardate se quelle che corrono hanno il seno grande o piccolo, guardate la passione con cui giocano. Vi divertirete di più anche voi.