Nel giorno in cui il Tar del Lazio respinge il ricorso in via d’urgenza presentato dalla Sea Watch per contestare il divieto di ingresso in acque territoriali e il «no allo sbarco», continuano le polemiche internazionali. Il Consiglio d’Europa ha sottolineato, per voce della commissaria per i diritti umani Dunja Mijatovic, che alla Sea Watch 3 deve essere garantito «un porto sicuro, rapidamente accessibile» e la Libia non lo è.

La nave con a bordo 43 migranti è da sei giorni in mare: «Sono molto preoccupata per l’attuale approccio del governo italiano sulla questione - ha detto la commissaria -. Le ong, come Sea Watch, sono cruciali per salvare vite in mare, specialmente dopo che i Paesi europei hanno lasciato un vuoto negli ultimi anni nella capacità di soccorso». Quanto alla situazione in Libia, Mijatovic sottolinea come «le prove dimostrino che questo Paese non è sicuro: è in corso una guerra e i migranti affrontano un trattamento disumano, come torture, schiavitù, violenza sessuale, detenzione arbitraria e a tempo indefinito. I migranti ed i rifugiati soccorso non dovrebbero essere rimandati lì: è dunque non solo ragionevole, ma necessario, che i capitani di queste navi esercitino la loro discrezione nel rifiutarsi di rimandare i migranti ed i rifugiati in Libia e questo non dovrebbe essere sanzionato in alcun modo dagli Stati».

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, tuttavia non transige sulla linea dura: «In Italia con il mio permesso non arriva nessuno: possono mandare i caschi blu, gli ispettori, il commissario Basettoni, Pippo, Pluto e i Fantastici 4. Barchini e barconi non ne arrivano», ha commentato, ribadendo che per Sea Watch 3 (che è «da giorni a zonzo nel Mediterraneo» ) i porti italiani «restano chiusi». Quanto alle parole della commissaria del Consiglio d’Europa, che ha chiesto uno stop alla collaborazione con la Libia non ritenuta porto sicuro, Salvini è altrettanto duro nel commentare che «per me il suo parere conta meno di zero. Noi stiamo collaborando con la Guardia costiera libica, forniamo uomini e mezzi, e in alcune strutture libiche ci sono rappresentanti dell’Onu e delle associazioni umanitarie. Non do altri giudizi, se non ricordare che la stessa Sea Watch aveva chiesto alle stesse autorità libiche un porto di sbarco».