Bene ha fatto il capo dello Stato a non sciogliere il Csm perché andare al rinnovo con le regole attuali non è garanzia di ripristino di autorevolezza e credibilità delle toghe: patrimonio indispensabile in uno Stato di diritto. Tuttavia è difficile allontanare la sensazione che quanto sta emergendo su traffici e le pastette per definire i vertici delle più importanti Procure, segni “l’ora più buia” della magistratura.

Serve uno sforzo corale per rimettere nella giusta orbita il pianeta giustizia. Da dove partire e per quale obiettivo? Sul primo fronte, meglio dire con chiarezza che il concetto di autoriforma va abbandonato. La riforma complessiva della giurisdizione ( e non solo del ruolo dei giudici) tocca alla politica e la deve fare il Parlamento: è lì che si rispecchia la volontà popolare, bussola indispensabile in un sistema democratico. Perciò è bene che il ministro dell’Interno abbia annunciato di volersi incontrare in settimana con il Guardasigilli per discutere di un provvedimento strutturale da stilarsi «assieme ai magistrati e all’avvocatura».

Per dirlo col nitore necessario, l’interlocutore naturale della politica deve essere la magistratura assegnando un preciso spazio alla rappresentanza istituzionale dell’avvocatura. Quanto all’obiettivo di tale impegno, non può essere altro che garantire il contrappeso da check and balance tra la magistratura - che in Italia gode di una condizione di fortissima: è indipendente dai cittadini, dalla politica ed ha perfino un organo di autogoverno - e l’avvocatura. Spogliata, quest’ultima, da ogni velleità di potere o, peggio, contropotere. Ma che è l’unica garanzia, anche e soprattutto per i magistrati, di adeguato controllo e democratico bilanciamento. Tutelare l’indipendenza della magistratura, infatti, è un dovere dell’avvocatura. Che svolge un compito fondamentale perché portatrice dei diritti dei cittadini e della tutela dei loro diritti, particolarmente di quelli dei più deboli. La spinta per inserire nella Costituzione la figura dell’avvocato risponde a queste esigenze.

E’ un classico a proposito dei giudici sostenere che non solo Cesare ma anche sua moglie deve essere onesta e apparire tale. Nella funzione giurisdizionale è l’equilibrio l’antidoto migliore contro disfunzioni e degenerazioni.