A volte le osservazioni giuste vengono dalle persone sbagliate. Da Luca Lotti, per esempio, che le intercettazioni del Gico hanno sorpreso a fantasticare di piani galattici sulle Procure. Tra un «si vira su Viola» e un «ti togliamo Creazzo dai coglioni», l’ex ministro affida finalmente al suo sfogo via facebook di ieri una bella domanda, anzi due: «Com’è che durante un’inchiesta ancora in corso vengono pubblicate intercettazioni, senza rilievo penale, di non indagati? Come sono arrivate nelle redazioni dei giornali?». Belle domande davvero. Decisive. Ma di semplice soluzione. Le intercettazioni arrivano nei giornali perché costa nulla pubblicarle. Altrimenti chi le controlla non le farebbe trasudare dal velo del segreto istruttorio.

Sia detto meglio: costa non proprio nulla ma pochissimo, 129 euro per la precisione. Che ci si creda o no, a tanto ammonta la cifra che consente di “oblare” il reato previsto all’articolo 684 del codice penale, la pubblicazione di atti giudiziari. Un gettone da 100 euro o poco più e il gioco è fatto. Può mai essere il segreto istruttorio affidato a una tanto ridicola forma di dissuasione?

Ogni ora che passa si scopre qualcosa. Ieri altre intercettazioni captate originariamente per l’indagine di Perugia su Luca Palamara sono divenute pubbliche. Anche per via dell’atto di incolpazione firmato dal pg della Suprema corte, Riccardo Fuzio, contro i togati coinvolti nel caso Csm, atto disponibile on line da mercoledì sera, su fonti “aperte”. Si scopre per esempio che nella cena con Lotti e Cosimo Ferri, deputato e presunto leader ombra del gruppo di Magistratura indipendente, il consigliere ( ora autospeso) Corrado Cartoni, pure lui di “Mi”, dice che David Ermini «si deve sveglia’».

Il vicepresidente del Csm non recepisce le “sveglie” congiunte del Pd e di vari togati, soprattutto su alcune scelte della sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli. Ne esce da persona specchiata e seria qual è, Ermini. Ma non è che si può giocare alla roulette russa delle intercettazioni. La credibilità di organi di rilievo costituzionale non può essere affidata al caso. Cioè al fatto che qualcuno parli bene di te mentre ha un trojan nel cellulare.

Anche perché nella roulette russa finisce che in un altro brano segreto, reso ovviamente pubblico da alcuni giornali di ieri, viene citato un consigliere del Capo dello Stato. Secondo Ferri, verrebbe da tale consigliere la prima rivelazione sul trojan “inserito” nel portatile di Palamara. E chi può escludere che la frase di Ferri debba in realtà dissuadere gli inquirenti dall’approfondire il materiale intercettato, visto il rischio di chiamare in causa persone rispettabili? Siamo a questo. È il caso di fermarsi?

Ieri il presidente dell’Unione Camere penali Gian Domenico Caiazza ha chiesto un “tavolo” con le toghe per trarre le conclusioni dal terremoto Csm: «Va temperata l’obbligatorietà dell’azione penale», ha ribadito. Sarebbe bello se i magistrati eventualmente chiamati a discutere con il leader dei penalisti proponessero a loro volta di rendere davvero vietata la pubblicazione di intercettazioni.

Sarebbe bello se nella commissione d’inchiesta proposta ieri da parlamentari di Fratelli d’Italia, gli stessi magistrati ammettessero di aver troppo spesso usato i giornali per ottenere il tifo degli italiani per le loro indagini. E non sarebbe male se il Parlamento chiedesse ad avvocati e giudici di scrivere insieme una legge seria per impedire che le conversazioni segrete siano usate, ancora in futuro, come arma letale.

Certo, il massimo desiderabile sarebbe se i magistrati si rendessero conto da soli che il gioco al massacro non può andare avanti. Che si rischia di travolgere con il solito fango le più alte istituzioni della Repubblica, presso le quali i magistrati stessi giurano dopo aver vinto il concorso. Se poi vogliamo sognare in grande, dobbiamo illuderci che a chiedere di smetterla con l’uso letale delle intercettazionipossa essere Giuseppe Marra, primo dei non eletti nella “sezione” da cui proveniva Gianluigi Morlini, il secondo togato dimessosi dal Csm ( preceduto da Luigi Spina e seguito ieri da Antonio Lepre). Marra subentrerà a Morlini: il plenum ha già votato il suo rientro in ruolo al massimario della Cassazione, presupposto necessario per l’ingresso a Palazzo dei Marescialli. Lascia la direzione assunta pochi mesi fa al dipartimento Affari di giustizia del ministero. Marra era candidato al Csm per Autonomia & indipendenza, la corrente di Piercamillo Davigo. La più pessimista, diciamo, sulla moralità delle classi dirigenti. V

isto che anche la magistratura è classe dirigente, e non la si può abbattere a colpi di trojan, davvero non sarebbe male se le contromisure fossero proposte da chi condivide quel pessimismo con Davigo. Perché adesso è difficile crederlo, ma magari anche i piani galattici di Lotti e Palamara per il “danneggiamento di Creazzo” potevano essere arginati senza che tutta Italia li conoscesse in anticipo.