Sono in tanti che aspettano che la Realtà, vindice agognata di fumisterie, frottole e depistaggi, prenda il sopravvento e mandi a gambe all’aria la narrazione della maggioranza sovranista- populista e del governo irresoluto che ne è espressione. La Realtà dei conti pubblici; la Realtà della procedura Ue; la Realtà di numeri elettorali che svelino un’Italia di nuovo consapevole e saggia. Insomma la Realtà come manna, che certifichi che così non si può andare avanti e spalanchi nuove prospettive. Che certamente ci sono, seppur ancora con le fattezze dell’Araba fenice.

Eppure, anche alla luce del vertice di lunedì sera, perentoriamente reclamato dal presidente del Consiglio per mettere di fronte alle loro responsabilità i due indisciplinati vicepremier, e all’opposto finito - secondo certificati retroscenisti - con i dioscuri che hanno rinsaldato il loro legame e stretto all’angolo il fustigatore, vero o presunto, forse è il caso di ragionare se la realtà ancorché da Truman show ( peraltro detentore di un notevole successo di critica e di pubblico), non è l’altra che deve sopraggiungere ma questa che viviamo. Più prosaica magari, però al momento cementata e inaggirabile.

La realtà di una coalizione che è priva di alternative non solo per mancanza di adeguati competitor politici ma anche e soprattutto per desertificazione di cambiamenti possibili. Per cui o Salvini e Di Maio stanno insieme oppure non stanno. Non nell’abbraccio con Berlusconi e la Meloni, che il capo leghista ritiene puro diserbante per le sue aspirazioni. Non nel passaggio all’opposizione, che il digitalmente riconfermato numero uno pentastellato evita come la peste ritenendola prologo di dissoluzione: la sua, e forse anche del MoVimento.

La realtà di leadership che volutamente rigettano ogni soffio di lungimiranza perché la dittatura del qui e ora non lascia spazio a null’altro che al ping pong continuo di selfie, tweet, post: il resto non conta. Tanto il consenso non emigra: chi ha votato Lega o Cinquestelle non torna indietro, piuttosto diserta le urne. La realtà, insomma, che dice che di litigio in litigio, di polemica in polemica, di sgambetto in sgambetto tutto andrà avanti come adesso. E’ l’Italia che conosciamo, dove niente è più solido del precario. E semmai la Realtà dovesse arrivare davvero, sarà troppo tardi: non la riconoscerà nessuno.