«I magistrati si fidino dell’avvocatura come equilibratore interno alla giurisdizione, altrimenti il rischio è che arrivi un soggetto esterno, in particolare in questo momento di crisi della magistratura». Il monito forte del presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin, è arrivato durante il congresso di Area, la corrente considerata di sinistra delle toghe, durante il suo congresso.

In questa fase così delicata della vita interna della magistratura, dunque, l’avvocatura ha fatto sentire la propria voce e l’ha fatto chiedendo fiducia reciproca. «Bisogna che sia chiaro che l’indipendenza e l’autonomia non sono una prerogativa che spetta solo ai magistrati, ma sono elementi che devono contraddistinguere tutta la giurisdizione, intesa come stato di diritto», ha spiegato Mascherin, il quale ha ricordato come «il passaggio culturale da compiere in modo definitivo è quello di parlare sempre di autonomia e indipendenza della giurisdizione, l’unico sistema che garantisce la pace e la sicurezza sociale attraverso un sistema di risoluzione dei conflitti attraverso la forza della mediazione».

E allora, se la giurisdizione è un corpo unico, «i suoi partecipanti non hanno diritti, ma basano le loro funzioni su un sistema di doveri». Il punto, dunque, è capire come la giurisdizione possa garantire la propria autonomia e indipendenza: «Per farlo, la magistratura ha bisogno di individuare all’interno della giurisdizione la giusta alleanza per garantire la propria funzione».

La magistratura, nell’ordinamento italiano, ha un potere enorme, ma questa forza «non può continuare ad esistere senza un equilibratore e un garante. Eppure, se si continua a parlare di autoriforma della magistratura e a chiudersi in se stessi come in un fortino, questa forza della magistratura rischia di trovare solo un equilibratore esterno alla giurisdizione». Un equilibratore esterno che, secondo Mascherin «attende solo il momento buono per piazzare la stoccata. E, in questa fase così complicata in cui il sistema di autogoverno è messo in discussione, questa stoccata può facilmente venir piazzata». E la stoccata sarebbe l’idea di far «passare politicamente l’idea di un equilibratore esterno».

Questo, ha riflettuto Mascherin, è un pericolo per la magistratura, che potrebbe invece trovare dentro la giurisdizione un equilibratore interno e tecnico come l’avvocatura. «Noi avvocati, però, non siamo un potere nè dobbiamo esserlo, per questo però possiamo garantirvi un equilibrio non invasivo e non competitivo, ma basato sulla tecnicità». Perchè questo sia possibile, tuttavia, serve che l’avvocatura sia riconosciuta direttamente dalla magistratura. «L’ avvocatura mondiale si è sempre battuta per l’autonomia magistratura, perchè riconosce l’importanza di avere un giudice terzo e imparziale - ha ragionato Mascherin -. Per i magistrati, tuttavia, non è ancora chiaro che devono fidarsi dell’avvocatura istituzionale. Attenzione: se l’alleanza forte non è all’interno della giurisdizione, arriverà dall’esterno».

Nel ricordare il progetto dell’avvocatura di inserire in Costituzione la figura dell’avvocato autonomo e indipendente, Mascherin ha sollecitato i magistrati a riflettere anche sul ruolo che agli avvocati dovrebbe essere riconosciuto all’interno dei consigli giudiziari: «Esiste ancora una chiusura da parte dei magistrati al fatto che il presidente dell’ordine distrettuale degli avvocati partecipi di diritto alla valutazione dei magistrati. Io vi dico: apritevi, perchè gli avvocati sono anche i vostri difensori».

In sintesi, dunque, l’avvocatura istituzionale tende una mano ai magistrati, davanti alla crisi che ha colpito il Consiglio Superiore della Magistratura e anche le sue voci associate. «Serve un’alleanza tra magistrati e avvocati. Se voi non credete in noi, sarà qualcun altro a travolgere anche la passione per gli equilibri della giurisdizione, che è nel dna di noi avvocati».