Inizialmente monocorde, piano, sguardo fisso rotto ogni tanto dal movimento della mano: è il discorso di un premier che si rivolge direttamente al popolo sovrano e si appella alla Costituzione. La sostanza è netta: o così o me ne vado. Ma il tono sembra lasciare aperte tutte le possibilità. Si anima solo verso la fine, durante le domande, e quando la giornalista di La7 Alessandra Sardoni gli fa notare che, pur negandolo, lui fa parte dei Cinque stelle. Forse perché ha smesso di leggere, come ha fatto durante quasi tutto il discorso, forse perché è una delle prime volte che risponde in conferenza stampa alle domande dei giornalisti. Ma a quel punto l’agitazione è percepibile. Quando deve spiegare gesticola molto, ma durante il discorso resta calmo, anche se quando pronuncia alcune parole il nervosismo è palpabile. Non è una conferenza stampa qualsiasi, è la conferenza stampa di un presidente del Consiglio che invece di convocare i suoi ministri o di andare in Parlamento preferisce utilizzare il sistema mediatico per parlare ai suoi alleati, come supporto gli italiani che lo guardano da casa. E’ l’esempio lampante della crisi della democrazia rappresentativa: è saltata la mediazione e il rapporto è diretto tra chi governa e chi è governato. Anche nel linguaggio. O almeno così sembra dal discorso di Giuseppe Conte, un discorso quasi diviso in due: la parte rivolta ai cittadini, fatta per rassicurare; e la parte invece più concitata quella rivolta agli alleati di governo, in particolare alla Lega. Il suo portamento è altrettanto diviso in due: la giacca che rassicura, la cravatta lilla che tranquillizza, ma si capisce che non è un discorso qualsiasi dal ciuffo fuori posto, dalle battute ai giornalisti un po’ forzate. E quando pronuncia la parola Costituzione, più volte citata, insieme a quella di “cambiamento”, che si capisce come quella sia la sua ancora di salvezza, lo scoglio a cui si aggrappa per tenere salda la barra. La scelta della sala dei Galeoni è altrettanto significativa: non è quella tradizionale delle conferenze stampa ma quella accanto alla sala del consiglio dei ministri.

E’ una conferenza stampa diversa dalle altre: si parla ai giornalisti perché “suocera” intenda.

E i cittadini da casa più che semplici destinatari sono i compagni di strada sui cui appoggiarsi per non farsi intimidire. Gli affreschi alle spalle ispirano autorevolezza, potenza, capacità, ma la scelta se il governo va avanti o no è in altre mani.