Con la bordata ad alzo zero dell’ex procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, il Caso Palamara apre la questione morale anche nel Pd. Il neoletteo eurodeputato tra le fila dei dem, infatti chiede al partito «finora silente, di prendere una posizione di netta e inequivocabile condanna dei propri esponenti coinvolti in questa vicenda, i cui comportamenti diretti a manovrare sulla nomina del successore di Giuseppe Pignatone sono assolutamente certi, se vuole essere credibile nella sua proposta di rinnovamento e di difesa dello stato costituzionale di diritto dell’aggressione leghista».

Parole durissime, che colpiscono Cosimo Ferri e Luca Lotti, i presenti durante le “macchinazioni” per orientare la nomina alla procura di Roma. Da Facebook, Roberti si scaglia violentemente anche contro il governo Renzi ( di cui Lotti e Ferri sono stati importanti esponenti), che nel 2014 «senza alcuna apparente necessità e urgenza» abbassò l’età pensionabile dei magistrati da 75 a 70 anni. Quella, secondo l’ex magistrato, è stata «una sciagurata iniziativa palesemente dettata da un duplice interesse»: Roberti, infatti, adombra l’ipotesi che quei pensionamenti servissero a «liberare in anticipo una serie di posti direttivi per fare spazio a cinquantenni rampanti ( in qualche caso inseriti in ruoli di fiducia di ministri, alla faccia della indipendenza dei magistrati dalla politica)» oppure a «tentare di influenzare le nuove nomine in favore di magistrati ritenuti ( a torto o a ragione) più “sensibili” di alcuni loro arcigni predecessori verso il potere politico».

L’impietosa ricostruzione trova sponda in un altro ex magistrato ed ex parlamentare del Pd, Gianrico Carofiglio: «Il Pd di Zingaretti batta un colpo. È sconcertante che in quella stanza d’albergo oltre ai magistrati ci fossero esponenti dem. I responsabili in questa vicenda facciano un passo indietro, o di lato, ma per andare altrove». Se il resto del partito sceglie il silenzio, in attesa che il profluvio di intercettazioni e retroscena si quieti, a raccogliere l’accusa di Roberti sono i 5 Stelle. Michele Gubitosa, portavoce del Movimento alla Camera, ha definito «l’attuale silenzio del Partito Democratico» «imbarazzante, il no comment di Zingaretti ancora peggio. Si faccia subito chiarezza su questa vicenda sconcertante». Sulla stessa linea, il senatore Mario Giarrusso: «Non è possibile leggere di ’ no comment’ da parte di Zingaretti, sono in ballo il principio sacro della separazione dei poteri dello Stato nonchè l’indipendenza e l’autorevolezza della magistratura. Dalla procura di Perugia emerge un quadro allarmante per la nostra democrazia, i tentacoli del sistema renziano sembrano ancora dedicarsi a ciò che meglio gli riesce: costruire trame di potere e conflitti d’interesse».

Nel mirino tanto di Roberti quanto dei 5 Stelle, dunque, ci sarebbe proprio la galassia renziana impersonata da Ferri e Lotti, ora in minoranza ma che potrebbe provocare l’ennesimo scossone tra le fila dei dem.