Non sarà un’indagine come le altre. Non foss’altro perché la portata delle potenziali corresponsabilità è così ampia da non potersi limitare a Luca Palamara e agli altri due magistrati indagati a Perugia, ossia Stefano Fava e Luigi Spina. L’intero ordine giudiziario è in sé indebolito dall’onda del discredito. C’è però un aspetto che mette in comune l’inchiesta sui presunti condizionamenti al Csm con tutte le altre iniziative penali: il suo incontrollato riverbero mediatico.

Nelle ore forse più difficili, per la magistratura, degli ultimi trent’anni, colpisce l’impietoso circo delle intercettazioni finite sui giornali, dei filoni d’indagine svelati dai media e addirittura anticipati rispetto al lavoro degli stessi pm. Basti pensare agli incroci fra la cosiddetta “rete” di Palamara e alcuni suoi presunti avamposti in varie Procure del Sud, da Trani a Siracusa. Ma se davvero parte del conflitto fra toghe sarà regolato con le indiscrezioni pubblicate dai quotidiani, difficilmente la crisi avrà esiti positivi. A ricordarlo, con le componenti più attente della magistratura, sono istituzioni e associazioni forensi.

Ieri il presidente del Cnf Andrea Mascherin ha affidato a twitter una sua breve considerazione: «La questione emergente dal caso Palamara è tema che non riguarda solo i magistrati ma l’intero assetto del nostro Stato di diritto. È importante che la magistratura in questa occasione non si chiuda in difesa ma si apra a chi vuole davvero difenderne la indipendenza». La scorsa settimana, all’inaugurazione dell’anno giudiziario forense, Mascherin aveva ricordato come quell’indipendenza possa essere garantita solo «dall’indipendenza e autonomia di un’avvocatura forte, unico equilibratore del forte potere della magistratura all’interno della giurisdizione». Senza un’avvocatura messa in condizione di assumere anche questo compito, i magistrati saranno costretti a fare i conti con «qualche altro equilibratore, inevitabilmente esterno».

Ora, parte della magistratura ha già avviato, innanzitutto sulle proprie mailing list, un serio esame critico non solo sulle derive del correntismo ma anche su possibili riforme da introdurre, a cominciare dal Csm. Il rischio, segnalato anche dal presidente dell’Anm Grasso, è che la politica preceda le toghe e intervenga sull’organo di autogoverno con mano pesante. Naturalmente la consapevolezza dei rischi non può prescindere da una seria critica al processo mediatico. A ricordarlo è la nota diffusa ieri dalla giunta dell’Unione Camere penali. Durissima rispetto al «festival dell’ipocrisia nazionale» messo in scena con i riflessi scandalistici dell’inchiesta su Palamara: «La diffusione indebita e sapiente di brandelli di notizie relative a indagini giudiziarie in vario modo collegate alla imminente nomina dei vertici di alcune importanti Procure sta mandando in scena un avvilente spaccato della magistratura italiana e dei suoi meccanismi di governo», si legge nella nota della giunta Ucpi presieduta da Gian Domenico Caiazza.

«I penalisti italiani non intendono partecipare al morboso dibattito su presunte responsabilità penali date in pasto al pubblico», prosegue la nota, «nella nostra idea del processo penale non c’è posto per veline di polizia, intercettazioni telefoniche sbocconcellate sottobanco a una stampa famelica, e linciaggi preventivi. L’unica cosa positiva di questo spettacolo indecoroso è che esso aiuterà almeno a facilitare la comprensione di quale autentica devastazione può comportare, nella vita di una persona, anche solo una informazione di garanzia irresponsabilmente resa pubblica».

L’ipocrisia è appunto nella scoperta dell’ «acqua calda», e cioè che la «nomina dei vertici degli uffici giudiziari» si ricolleghi a «logiche correntizie». Ma il punto, secondo l’Unione Camere penali, riguarda soprattutto la centralità, nello scontro in atto, della giustizia penale inquirente, che ne svela il «potere immenso e tutto politico». Tutto sta a verificare se la magistratura saprà riconoscere i pericoli e scorgere nell’avvocatura un interlocutore capace di garantire, più di ogni altro, la propria autonomia.