Il miraggio del Sorpasso del Gambero, il famoso sorpasso all’indietro, è quello che incoraggia il Pd. E’ come l’inappetente che prende la minestrina dopo il febbrone, ricomincia a mangiare e si rimette in piedi. Perché al Nazareno lo sanno bene come funziona, i numeri parlano da soli: un anno fa alle politiche il Pd di Renzi raggranellò 6 milioni e 161 mila voti che valevano il 18,7% su 33 milioni di votanti, un knock out; stavolta ha ripreso 6 milioni 050 mila e spicci, ma essendo i votanti 6 milioni di meno, la percentuale è salita al 22,7%.

Certo, vedere i Cinquestelle al 17% staccati lì dietro, vittime delle loro continue giravolte dimaiesche tra destra e sinistra, è una soddisfazione. Ma illudersi, con una destra sovranista così potente, sarebbe folle. Non si sentono tappi di champagne, non si vedono nasi rubicondi, ma facce consce d’averla scampata.

Basta questa frase di Valter Veltroni, che di voti secchi ne prese 2 milioni più di Renzi, per capire l’aria: «Dal Pd non c’è dubbio che viene un segno incoraggiante, ma non bisogna scambiarlo per nulla di più di un segno di incoraggiamento». Certo, il risultato incoraggia Zingaretti a lavorare e tiene a bada i suoi avversari interni renziani. Un altro avvertimento vien dal sindaco di Milano, Sala: «Il Pd da solo non basta, servono nuove forze».

Nelle grandi città il Pd si riaffaccia come primo partito, Salvini ha faticato molto di più, il mondo industriale e l’establishment hanno un’idea assai diversa dei rapporti con Bruxelles e di quello che serve all’economia per evitare il default, e dunque la classe dirigente è molto meno ipnotizzata dalle promesse populiste che hanno avuto grande effetto sulla massa dei votanti.

Ora il dilemma è capire come procederà il governo e quando Salvini deciderà, se lo farà, di staccare la spina. Le due correnti piddine pro e contro l’eventuale alleanza con i grillini, sono armate ma è troppo presto per chiunque, Zingaretti in testa, fare una scelta. L’orizzonte è indecifrabile, e tutti sono sicuri che le forche caudine arriveranno con la legge di Bilancio e il giudizio della commissione europea. C’è tempo per prepararsi, in pochi al Nazareno credono che Salvini butterà all’aria Conte per poi doversi intestare le lacrime e sangue che l’Europa ci chiederà per rimettere a posto i conti.

Ora «dobbiamo continuare a scommettere sulla costruzione di una nuova alleanza di centrosinistra. La lista unitaria del Pd, Più Europa e Verdi, insieme, hanno il 28 per cento. È la base, partiamo da qui». Zingaretticelebra «la ripartenza» ed espone i gioielli di famiglia: «Valutiamo il voto e la fiducia che ci è stata data come un segno di incoraggiamento.

Il centrosinistra poi deciderà quale figura sarà la migliore per vincere le elezioni. Non si parte da me - ha concluso - e non è all’ordine del giorno». Per fortuna, ma era previsto, «in Europa l’attacco dei sovranisti è fallito. Ci sono le condizioni per una grande alleanza che guardi al futuro dell’Europa». Il grande problema sarà difendere l’Italia che ha svoltato decisamente a destra e si ritrova più isolata che mai nel Continente.

«Lega e M5s saranno marginali. Noi saremo protagonisti di una alleanza che governerà le istituzioni europee e difenderemo l’Italia». Naturalmente Zingaretti viene incalzato sul solito confronto con M5S, ma è tutto secondo copione. E, come nota Veltroni, tra i 5 stelle dovrebbe maturare una riflessione sull’esito di questa esperienza di governo che «mette insieme ciò che insieme non può stare. Non puoi denunciare il tuo partner di governo come un avversario e poi non trarne le conseguenze».

E Zingaretti: «Dopo settimane di pagliacciate, ora è chiaro che c’è un polo di destra estrema e un polo di centro sinistra». «Ci davano per spacciati, ma gli italiani ci hanno aiutato a voltare pagina e oggi rappresentiamo il pilastro per la costruzione non solo dell’opposizione, ma dell’alternativa a quello che ormai possiamo chiamare governo Salvini».