Ci sono state due lacune - due voragini - nella campagna elettorale per il voto europeo. Anzi, in verità tre, se si ricomprende la pressoché totale assenza riguardo l’oggetto stesso della consultazione: l’Europa. Ogni forza politica, complice il fatto che si vota anche in quasi quattromila comuni, ha privilegiato le ragioni di politica interna. Non è una novità: provincialismo e cura del particulare ci contraddistinguono da secoli. Ci si può consolare dicendo che siamo in buona compagnia: pure nel resto del Continente il copione è stato sostanzialmente lo stesso.

La prima assenza, grave, concerne il dopo. Lega e M5S se le sono date di santa ragione privilegiando i temi identitari rispetto a quelli della collaborazione. La ruspa di Salvini ha fatto il paio con il diserbante di Di Maio. Ma dopo ogni domenica (elettorale) c’è un inesorabile lunedì che chiede conto. La scusa per la mancata riflessione sul dopo è che bisognava attendere il responso delle urne.

Non è vero. Quello che un partito ha in mente o lo sa o no: i numeri possono dare o togliere forza, ma le idee viaggiano su un piano diverso. Il discorso vale anche per l’opposizione. FI nulla si propone se non riagganciare Salvini, senza specificare se e come intende governare - a livello nazionale, ché a quello locale è tutt’altra cosa - con un partner così ingombrante.

Il Pd rimira il suo isolamento: punta a migliorare la percentuale ma non specifica come intenda poi spenderla. E, soprattutto, con chi. Senza un progetto, un “pensiero lungo” si fa girotondo su sé stessi: la politica, però, è un’altra cosa. La seconda lacuna si rifà all’ossatura sociale di ogni Paese democratico: il ceto medio, le categorie, il merito. Patrimonio che si regge su una precisa e indispensabile intelaiatura, ideale e pratica: la capacità di moderazione, di confronto, di saper fare sintesi.

Il Contratto gialloverde ne era privo fin dall’inizio; peccato originale di cui giorno dopo giorno l’Italia paga le conseguenze. La Lega ritiene che sia un orpello del passato. I Cinquestelle hanno provato ad assumerne qualche sembianza, ma l’estremismo primordiale del Vaffa è una zavorra insuperabile. Da lunedì bisognerà tornare a governare. Senza risse: è il minimo dovuto ai cittadini.