Le dichiarazione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Per principio non sono né per il giustizialismo né per il garantismo che riflettono visioni manichee” non è una frase dal sen fuggita. Dà conto della natura del governo. Tutto quello che è stato prodotto in materia di giustizia dal governo e dalla maggioranza del Parlamento pare risentire della concezione per cui prevale il sospetto, e che la presunzione di colpevolezza possa essere usata per fini politici.

La questione giustizia come sempre da un trentennio si interseca con i problemi della politica - basta pensare alla vicenda del sottosegretario Siri - il presidente del Consiglio ha voluto mettersi in una posizione da lui ritenuta mediana per rappresentare il suo popolo che per metà è giustizialista ( Cinque stelle) e per metà garantista ( la Lega soltanto in questo ultimo periodo). Il popolo che Conte vuol difendere da quando ha assunto la carica non è il popolo nel suo complesso ma è quello che ha votato i due partiti della maggioranza quindi egli pensa di collocarsi nel mezzo, equidistante. In questo caso però l’ equidistanza è negativa e lo rende succube perché minaccia di compromettere alcuni principi giuridici e costituzionali.

Il risultato paradossale è l’esistenza di un governo giustizialista e di uno governo garantista che non convivono serenamente ma gettano una luce funesta su tutta la legislazione e su tutta l’attività governativa.

In sostanza il presidente del Consiglio consente che si approvi una legge che rende eterna la prescrizione: un’altra che considera legittima ogni difesa personale; vari provvedimenti che aumentano le pene indiscriminatamente senza criterio; che modifica il 41b in materia di scambio di voti senza che vi sia il dolo soggettivo da parte del protagonista del reato; che millantando un provvedimento per la sicurezza del Paese stabilisce che lo straniero è nemico e che non va aiutato se scappa dalla guerra o dalla fame. Dall’altra parte il giustizialismo dei Cinque stelle si infrange e sparisce nella negazione della autorizzazione a procedere sottraendo Salvini dal processo e nell’avere accettato come membro del governo un condannato per patteggiamento per bancarotta.

Quella sentenza avrebbe impedito per motivi e opportunità di nominare sottosegretario il senatore Siri e non la semplice comunicazione giudiziaria che è l’atto iniziale delle indagini del pubblico ministero e che non dovrebbe essere il presupposto automatico per intaccare la politica. Nessuno può ignore che secondo la Costituzione il pubblico ministero è una parte del processo che dovrebbe avere ( come è in tutti gli Stati democratici) lo stesso valore della difesa.

A distanza di circa un anno, dunque, dalla sua costituzione, il governo può essere valutato nella sua consistenza e nella sua funzionalità, cercando di formulare un giudizio meditato.

I sondaggi che ormai regolano la nostra vita attribuiscono un consenso consistente al governo da parte della opinione pubblica e una valutazione negativa di gran parte della stampa nazionale ed europea, della classe dirigente quella silente e nascosta, dei rappresentanti della cultura e delle professioni. Come è spiegabile questa diametrale differenza, che non ha precedenti nella storia del nostro paese? La distanza abissale tra il popolo e quello che storicamente indichiamo come classe dirigente determina questo contrasto che peserà per molto tempo sulle istituzioni e sulle decisioni che i governi adotteranno. Vediamo perché.

La fine della solidarietà sociale tra le classi sociali e tra cittadini, che ha caratterizzato il nostro paese nel periodo del dopoguerra fino a qualche anno fa, è stata determinata da una accentuata crisi culturale e politica aggravata da una crisi economica persistente che spinge i cittadini a protestare contro i “responsabili” che sono sempre quelli che hanno governato prima. Fino a che i nuovi rappresentanti del governo praticheranno sia le funzioni della maggioranza che dovrebbe governare e al tempo stesso della minoranza che deve contestare e protestare, avremo questa diversa valutazione sulle azioni o meglio soprattutto sulle “dichiarazioni” del governo che porterà a conclusioni pericolose per le sorti del nostro paese. I due movimenti che hanno dato vita al governo hanno come principale compito quello di individuare ogni giorno un nemico, di provocare reazioni, di sollecitare emozioni che creano immediati consensi e come compito molto secondario quello di governare. Alimentare lo scontro sociale e la competizione selvaggia tra gli stessi cittadini significa approfondire quel solco tra base e istituzioni con la delegittimazione di tutto che poi si rifletterà più tardi su chi ha seminato zizzania e rancori. Sono tra quelli che ritengono i nostri rappresentanti al Parlamento al di sotto delle necessità, ma non sono portato a sottovalutare, come alcuni fanno, i loro comportamenti che sono ispirati e guidati da un’intelligenza nascosta che ha un piano preciso di modifica delle nostre istituzioni democratiche e repubblicane.

In conclusione, siccome non possiamo far torto all’avvocato Conte ( non “all’avvocato del popolo”) di non conoscere fino in fondo il significato della parola giustizialismo e della parola garantismo dobbiamo avere seri preoccupazioni per una funzione del governo in tutti suoi aspetti dall’economia alla giustizia che minaccia di diventare molto pericolosa per il Paese. Questo governo vuole ottenere l’isolamento dell’Italia attraverso un sovranismo strumentalmente portato avanti dalla Lega ma praticato dai Cinque Stelle, senza una competizione che faccia diventare protagonista l’Italia. L’opposizione tanto invocata dovrebbe avere chiaro questo quadro e portare avanti azioni conseguenti. È arrivata l’ora di mobilitare le coscienze più vigili per reagire in fretta e sollecitare la responsabilità di tutti gli individui e soprattutto dei giovani, che dalla vecchia classe dirigente debbono ricevere impulso ed esempio, per superare una apatia generalizzata e una diffusa acquiescenza. La quale fu colpevole alla vigilia dell’avvento del fascismo, per aver sottovaluto la situazione. Certamente il fascismo va collocato in una prospettiva storico ma le forme di dittatura sono tante e possono esprimersi in maniere molto diverse tra loro.