Francesco (Riccardo Scamarcio), Giovanni (Alessio Boni) e Giorgio (Edoardo Pesce) sono tre amici di una vita e da una vita: un giudice, un vicequestore e un avvocato. Nonostante il legame che li ha sempre uniti, le difficoltà, il lavoro e il fascino della costante lotta tra bene e il male li ha tenuti lontano gli uni dagli altri.

Un giorno Giovanni viene trovato morto in casa sua, freddato da un colpo di pistola, l’ultimo ad averlo visto è proprio Francesco che viene accusato di omicidio. A combattere per farlo scagionare, viene chiamato Giorgio, anche se ormai non esercita più, per una reunion involontaria. Questo il punto di partenza di Non sono un assassino, film diretto da Andrea Zaccariello, tratto dal romanzo omonimo dell’ex magistrato e consigliere di Stato Francesco Caringella.

Dove c’è Scamarcio, in questi primi mesi del 2019, c’è il film di genere, segno che il cinema italiano sta tentando nuove direzioni, ritrovando e rivisitando schemi del passato mixandoli con suggestioni esterofile. È stato così negli ultimi mesi con Il Testimone Invisibile dove l’attore interpretava un uomo accusato di omicidio come in questo film ed ancora la tendenza si è rafforzata con Lo Spietato di Netflix, mix tra poliziottesco vecchia maniera e gangster movie all’americana. Una cosa è certissima, Non Sono un Assassino punta tutto sulla capacità dell’attore di rendere credibile qualsiasi cosa faccia o dica e per un legal thriller a tinte noir, questa qualità serve come il pane.

Lo conferma Andrea Zaccariello che descrive il suo intento nel film: «Ci siamo avventurati sul terreno dell’analisi dell’animo dei protagonisti più che i temi sociali». Questo tipo di indagine sui personaggi principali della storia è frutto di un grande lavoro di adattamento del libro di Caringella che porta avanti un unico punto di vista, quello di Francesco, visto che nasce come una sorta di diario- confessione del protagonista e per questo motivo possiede il suo sguardo sugli eventi. Il processo, seppur non centrale per durata sullo schermo, all’interno del racconto è l’occasione da prendere al volo per strutturare i personaggi.

Zaccariello ne parla infatti così: «Il processo è un buco della serratura per spiare il più grande mistero dell’universo che è l’animo umano». Anche Alessio Boni che nel film è presente grazie alle scene di flashback che raccontano l’origine dei personaggi e il loro legame elogia l’escamotage delle vicende processuali come metodo per dare carattere agli interlocutori della storia: «Il film non si concentra in continuazione sul processo, ma c’è tutta una serie di scatole cinesi che Zaccariello ha messo dentro e pian piano si evince com’è il carattere delle persone coinvolte nel processo, le schizofrenie di ogni personaggio».

Sul processo Riccardo Scamarcio aggiunge: «Del film mi è piaciuto il lavoro sulla costruzione della verità. Ho letto che nel diritto romano addirittura gli imputati anche innocenti potevano mentire per rappresentare meglio i fatti. Se avessero detto proprio esattamente la verità magari avrebbero fuorviato la giuria e quindi era consentito mentire».

Esce invece da un percorso cinematografico che da alcuni anni lo vede sempre in ruoli oscuri Edoardo Pesce, fresco di David di Donatello come miglior attore non protagonista per Dogman: «Ho scelto di fare questo film perché era scritto molto bene e poi perché avevo l’opportunità ( spero di esserci riuscito) di lavorare su una parte diversa di me, più fragile» dice l’attore romano sottolineando: «I personaggi che ho interpretato finora sono più cattivoni, dark o sadici».

Se Edoardo Pesce ha trovato in Non sono un assassino l’occasione di testarsi in un ruolo diverso dal solito, allo stesso modo bisogna velocemente dimenticare Claudia Gerini in versione femme fatale potentissima di DolceRoma per abbracciare il suo cambiamento, efficace, in questo film che la vede in veste di Pubblico ministero con accento del sud, voce roca e carattere deciso. L’attrice racconta le sfide del suo personaggio: «Ho trovato molto interessante il contrasto che c’è in questa PM, tra la ricerca della verità in una matassa molto complicata e una sua presunta fragilità, resa anche da questa voce un po’ stanca».

Sul lavoro di Pubblico ministero poi Claudia Gerini approfondisce: «Sono andata a parlare con un paio di PM ed è interessante il processo psicologico che porta una donna a chiedere per l’imputato l’ergastolo».

Come in una grande parafrasi, Non Sono un Assassino ci porta a riflettere su un contrasto ben più radicato in ognuno di noi, quello tra il male definito che si combatte nei processi per esempio e quello perpetrato da chi pensa che male non sia. Una sottile distinzione condensata nel personaggio di Riccardo Scamarcio ma presente in ognuno degli interpreti della storia: «Questo è un po’ il tema del film» dichiara il regista Zaccariello, «in questi tempi moderni un po’ particolari il male può trovare spazio dentro di noi nel momento in cui il nostro ego ci porta a convincerci che male non sia. Questo vale per le piccole cose di tutti giorni, a partire dal non accettare certe critiche, certi punti di vista altrui. Si tende un po’ a costruirci la realtà come vorremmo che fosse».