Le vittime di violenza sessuale in Inghilterra e Galles, d’ora in poi, dovranno acconsentire a che la polizia analizzi i loro cellulari: a chi denuncia uno stupro sarà chiesto di riempire un modulo che permetterà agli agenti di accedere ai propri dati personali, compresi «messaggi, fotografie, email e profili social».

Ma le associazioni femministe insorgono: nel documento di 9 pagine che spiega le modalità con cui la polizia potrà accedere ai documenti personali, si legge che «se si rifiuta di concedere alla il permesso di indagare o all’accusa quello di utilizzare materiale che consentirebbe di avere un processo equo, potrebbe non essere possibile continuare le indagini o l’azione penale» . Attiviste del Centre for Women’s Justice ( Cwj) sostengono che «sembra di essere tornati al passato, quando le vittime di stupro erano trattate come sospettati». Il gruppo ha annunciato un ricorso contro la norma che consente agli inquirenti e al pubblico ministero di chiedere il permesso di entrare nella vita digitale delle vittime che denunciano violenze.

Intervenuta sulla colonne del Daily Mail, l’avvocatessa e fondatrice del Cwj Harriet Wistrich ha scritto che «questo cambiamento nel modo di gestire i casi di stupro scoraggerà alcune vittime dal denunciare» poichè «il passato delle loro vite verrebbe controllato in maniera profonda». A preoccupare, insomma, è il rischio di un’incursione troppo invasiva nella privacy delle persone. Wistrich ha riferito anche la testimonianza di una ragazza di nome Olivia, violentata da un uomo che si era finto tassista di Uber per poi portarla a casa: per incastrarlo, la giovane aveva accettato che il suo smartphone ( sul quale esistevano alcune prove) fosse utilizzato dalla polizia: «Il telefono contiene molti dei momenti più personali della mia vita», ha raccontato. «Il pensiero che estranei lo setaccino, provino a usarlo contro di me, mi fa sentire violentata un’altra volta».

Lo scorso anno nel Regno Unito sono calate del 23% le accuse di stupro: un dato che non rivela una netta diminuzione di casi di violenze, quanto piuttosto la difficoltà per la giustizia di provare questo tipo di reati. Come e dove trovare il giusto equilibrio per assicurare che i processi avvengano nel modo più corretto senza violare la riservatezza di vittime è difficile da stabilire: nel frattempo, per porre un freno alla critiche, il National Police Chiefs Council ( l’organismo che coordina le diverse forze di polizia britanniche) sta cercando di rassicurare sulle modalità con cui i dati personali potranno essere usati. «Gli investigatori dovranno esaminare solo le informazioni che costituiscono un filone di indagine ragionevole», si legge sul profilo Twitter. E ancora, a proposito della richiesta di accesso ai telefoni: «Non accadrà sempre, sarà più probabile nei casi in cui vittima e sospetto si conoscono a vicenda».