La Spagna svolta a sinistra ma vince anche la Catalogna. E festeggia la destra franchista di Vox che ottiene il 10 per cento ed entra per la prima volta in Parlamento.

I socialisti riemergono da una lunga crisi e si affermano come primo partito, in un’epoca che non è più quella quasi bipolare del passato ma è ormai frammentata fra diversi protagonisti politici. E così il premier uscente Pedro Sanchez non ha da solo la maggioranza assoluta dei seggi, ma tanto non ci sperava. Parte comunque da una posizione di forza in virtù del crollo dei rivali del Partito Popolare, fermi al 16,7% che rappresenta il loro minimo storico. Risultato dovuto anche all’affermazione ulteriore del partito centrista liberale di Ciudadanos ( C's), passato da 32 a 57 seggi: «Abbiamo sconfitto la destra populista e antieuropea, il riscatto della sinistra nell’Ue parte da Madrid», giosce il premier in pectore.

Anche se ora per Sanchez si crea il rebus delle alleanze per governare, e la cosa più semplice in termini di numeri ( il Psoe al 29% ha 123 seggi, ma per la maggioranza gliene servono almeno 176) sarebbe proprio una coalizione con Ciudadanos ma pare improbabile. Intanto a destra si registra il dato storico dell’entrata in Parlamento di Vox, il partito sovranista franchista antieuropeo che raccoglie il 10 per cento e supera gli sbarramenti, ma non segna un risultato ulteriormente eclatante come alcuni temevano e come il loro leader Santiago Abascal sperava.

L’elettorato socialista però sembra guardare a una alleanza di sinistra, e così anche la leadership del partito. Che riunitasi ieri sembra aver concordato la linea di provare a governare da sola, magari con un esecutivo di minoranza ( negli ultimi anni in Spagna è stato sempre così).

La vicepresidente del governo Calvo ha detto che il Psoe formerà un esecutivo progressista per dare al Paese «quattro anni di stabilità» e «rafforzare la democrazia» e che il partito vuole un esecutivo monocolore e in esclusiva, anche se ovviamente avrà bisogno di alleanze per l'investitura.

La collaborazione che probabilmente i socialisti otterranno è quella di Podemos, il partito populista di sinistra che è andato istituzionalizzandosi, e che non ha replicato nelle urne il successo delle scorse legislative ( si sono fermati al 14,3% con 42 seggi), perdendo una buona fetta del suo consenso, probabilmente proprio a vantaggio dei socialisti.

L’alleanza politica con Podemos è comunque tra le possibilità più concrete se non la più concreta, ma il fatto è che da soli i due partiti non raggiungerebbero comunque la maggioranza. Quindi ancora una volta ago della bilancia saranno le formazioni regionali e autonomisti– come i nazionalisti baschi del Pnv che già si sono detti favorevoli a non osteggiare un governo Sanchez – ma soprattutto i catalani ( che hanno eletto deputati anche cinque esponenti che sono ancora in carcere per le vicende della proclamazione dell’indipendenza).

I socialisti vogliono essere il più liberi possibile dalle pretese degli indipendentisti catalani, ma qualche appoggio gli servirà e Sanchez, che non è certo un ultrà del lealismo centralista, sembra l’uomo giusto per trovare un’intesa o comunque un patto di non belligeranza.

In particolare con Esquerra Repubblicana de Catalunya ( Erc), il partito più di sinistra e anche più moderato sull’indipendentismo. Gli indipendentisti ( che permisero la nascita del primo governo Sanchez rovesciando il governo dei Popolari, e poi lo mandarono in crisi bocciando il bilancio) continuano però a rivendicare un referendum sull'autodeterminazione, che Sanchez, nonostante le aperture, respinge. E oltre tutto incombe il processo ai leader separatisti, con una sentenza di condanna che potrebbe piovere come una bomba esplosiva sulla politica spagnola.