Il turbamento deve essere stato anche quello di Sergio Mattarella, nell’analizzare la legge sulla legittima difesa. Ed infatti il presidente ha promulgato la legge ma ha preso carta e penna per sottolineare ai presidenti di Camera e Senato e al premier Conte cosa proprio non va. Quattro i punti su cui il capo dello Stato si sofferma, con una premessa doverosa: sono le forze di polizia le prime a dover garantire la tutela dell’incolumità e della sicurezza dei cittadini, lo Stato ha la responsabilità di garantire l’ordine pubblico. Ed ecco le criticità: intanto deve esserci la «condizione di necessità», ben chiara. Poi il cosiddetto “stato di grave turbamento derivante dalla condizione di pericolo in atto” deve essere oggettivo e determinato, in conformità con i principi costituzionali. E quindi perché le spese del giudizio sono a carico dello Stato se riconosciuta la legittima difesa domiciliare, cioé in casa propria, e non quando uno si difende fuori dal domicilio? Infine: perché si subordina al risarcimento del danno la possibilità di concedere la condizionale della pena per il furto in appartamento o in uno scippo e non anche quando si tratta di una rapina?

Dietro questi interrogativi c’è la grande preoccupazione di come questa legge venga percepita dalla gente comune. Certo non legittima un far west dove ognuno a casa sua è libero di usare le armi. Non si può sparare al ragazzino che recupera il pallone volato in giardino né ad uno che col cacciavite stia scassinando la serratura del cancello. Né si può fare quello che l’imprenditore Angelo Peveri a Piacenza fece al ladro: lo catturò, l’immobilizzò e gli sparò. Beccandosi 4 anni e mezzo in Cassazione per tentato omicidio e subito la visita di Salvini in carcere. Non era stata certo legittima difesa, ma al leader della Lega questo non importò pur di fare campagna elettorale. E non fu il solo: Peveri fu sommerso dalla solidarietà dei più. La preoccupazione è dunque questo messaggio che sembra legittimare il farsi giustizia da soli. Il turbamento deve essere una cosa seria, e derivare dall’oggettivo pericolo della situazione in cui ci si trova. Non può essere un salviniano automatismo “se rubi rischi di morire”.

Ora il Colle si augura che il Parlamento affronti i nodi mal risolti. Ed è certo che magistrati e avvocati hanno gli stessi dubbi, più volte resi espliciti con fermezza durante il dibattito sulla legge, e che la materia finirà facilmente davanti alla Corte Costituzionale appena i nodi verranno al pettine.

«Il provvedimento si propone di ampliare il regime di non punibilità a favore di chi reagisce legittimamente a un’offesa ingiusta, realizzata all’interno del domicilio e dei luoghi ad esso assimilati, il cui fondamento costituzionale è rappresentato dall’esistenza di una condizione di necessità», recita la lettera del Presidente. «Va preliminarmente sottolineato che la nuova normativa non indebolisce né attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della incolumità e della sicurezza dei cittadini, esercitata e assicurata attraverso l’azione generosa ed efficace delle Forze di Polizia». «L’art. 2 della legge, modificando l’art. 55 del codice penale, attribuisce rilievo decisivo “allo stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto”: è evidente - sottolinea Mattarella - che la nuova normativa presuppone, in senso conforme alla Costituzione, una portata obiettiva del grave turbamento e che questo sia effettivamente determinato dalla concreta situazione in cui si manifesta». «Devo rilevare che l’articolo 8 della legge stabilisce che, nei procedimenti penali nei quali venga loro riconosciuta la legittima difesa ’ domiciliarè, le spese del giudizio per le persone interessate siano poste a carico dello Stato, mentre analoga previsione non è contemplata per le ipotesi di legittima difesa in luoghi diversi dal domicilio», osserva. «Segnalo, infine, che l’articolo 3 della legge in esame subordina al risarcimento del danno la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena, nel caso di condanna per furto in appartamento o per furto con strappo ma che lo stesso non è previsto per il delitto di rapina. Un trattamento differenziato tra i due reati non è ragionevole poiché - come indicato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 125 del 2016 - “gli indici di pericolosità che possono ravvisarsi nel furto con strappo si rinvengono, incrementati, anche nella rapina», rimarca il Capo dello Stato.