Mi imbarazza sempre leggere di come vanno male le cose, di quanto sono distratti i cristiani, del disinteresse per i correligionari che soffrono persecuzioni che neppure immaginiamo e delle quali niente viene detto, del com’era bello il passato. Non c’è un passato buono, siamo sempre noi. Quelli di prima. Ci siamo così abituati alla pace, dono forse immeritato e conquistato anche per stanchezza, esaurimento fisiologico, eccesso di grassi e zuccheri nel sangue, da alzare il ditino davanti al viso emaciato di altri popoli per spiegare loro come si fa a vivere. Addirittura ci spingiamo a rifiutare uno dei principi cardine del cristianesimo, la corresponsabilità di fronte a tutto quello che succede è successo e succederà all'umanità, della quale siamo parte.

Non ci si salva da soli. Neppure impartendo lezioni. Neanche alla Cina, che l’Occidente ha saccheggiato per anni, ha tentato di invadere in ogni modo, ha offeso e umiliato, ha consegnato in larga parte nelle mani del peggiore dei Giapponi possibili, quello che si era convinto di dover imitare alla perfezione le grandi potenze. Anche nell'imperialismo coloniale.

Il razzismo è nella nostra storia, l’abbiamo inventato noi. Gli antichi non lo conoscevano, trovavano le differenze del colore della pelle significative quanto quelle dei capelli. Ne abbiamo fatto una piaga mondiale.

È un sapere diffuso che le cose del mondo vadano male anche per colpa di politici corrotti, di speculatori senza scrupoli, di governanti incapaci e di persone disposte a tutto pur di ricavare un meschino guadagno. Se si scende nel dettaglio però tutti accusano tutti, e con una buona parte di ragione. Il peccato originale è anche questo, la responsabilità per il dolore del fratello, l'incapacità a fare fino in fondo quello che ci sembra giusto. La fuga da quello che si può fare in nome di quello che si dovrebbe fare ma risulta troppo difficile, lontano, incerto.

Fa bene Papa Francesco a parlarci dei migranti, come ha fatto bene a recarsi a Lampedusa nel primo viaggio apostolico, quando ha detto Messa su di un altare fatto con il fasciame ammassato a sghimbescio delle barche di migranti distrutte dalla traversata. Siete cristiani? Chiede il Papa. Allora dimostratelo aiutando questi fratelli che per vostra comodità sono venuti davanti alle vostre case attraversando mille pericoli e violenze e umiliazioni, così da non costringervi ad andare voi fin da loro a soccorrerli. Persone che fino a ieri ospitavamo e che oggi respingiamo in mano alla criminalità organizzata, nei casi fortunati. Una scelta totalmente incongrua anche ai fini della “sicurezza” da garantire. Sappiamo bene che in Italia l’accoglienza è affidata al Ministero degli Interni, cioè alla Polizia, perché vogliamo credere che l’immigrazione sia un problema di ordine pubblico, anziché affidarla ai Sindaci, come sarebbe opportuno dato che si tratta di una questione di prossimità, di aiuto del vicino, non di controllo e repressione. Semmai quello che andrebbe represso è lo sfruttamento degli immigrati.

Per non dire dello ius soli, o ius culturae che fa lo stesso, tanto nessuno lo vuole. Così succede che qualcuno - per un cristiano un fratello nato in mezzo a noi, ma da genitori con la colpa di avere un passaporto con la copertina di colore diverso dal nostro, che parla la nostra lingua e nessun’altra, che ha studiato come ogni italiano, non ha diritto la cittadinanza.

Qui non si tratta di chiedere l'impossibile, ma di fare il possibile. Tutto e fino in fondo. E giustamente Papa Francesco non si stanca di ricordarcelo. Certo, lo sa bene anche lui che ci sono altri problemi, viene dall’Argentina, che si trova in Sud America, il continente delle favelas, che a Buenos Aires si chiamano villas miseria. Si può discutere a lungo su chi sia il colpevole della loro esistenza, dello scandalo della prossimità fra grandi ricchezze e infinite povertà. Nel 2012 erano 850 milioni gli uomini, le donne, i vecchi e i bambini che vivevano ai margini delle città in condizioni di degrado igenico, sanitario, culturale, di lesione grave dei diritti elementari.

È giusto occuparsi di loro, forse è giusto persino rimproverare alla Cina di approfittare dell’incapacità degli occidentali nell’offrire una prospettiva di riscatto all’Africa per annettersi politicamente regioni delle quali finanzia lo sviluppo. Avremmo una credibilità molto maggiore e saremmo più sicuri nell’agire se a casa nostra i comportassimo come pretendiamo ci si comporti nei più remoti angoli del mondo. Come capita spesso il messaggio cristiano non chiede l'impossibile. È invece rispettoso della natura umana e ci invita a curarci di noi mentre ci occupiamo di quelli che non possiamo esimerci dal riconoscere nostri fratelli.