«Il morbillo è fantastico, signor Presidente. Non sexy come l’Ebola, ma comunque fantastico, perché è un virus che cerca attivamente le persone non vaccinate. I suoi agenti patogeni possono sopravvivere per ore in una stanza anche dopo che la persona contagiata se n’è uscita, e così basta una sola persona per contagiarne una ventina».

Nella Oval Room della Casa Bianca è riunito un crisis group con Homeland security, State department, gli immancabili servizi segreti e scienziati vari perché si è scoperto che via nave da crociera è approdato un focolaio di morbillo, arrivato negli Usa proprio mentre nell’area del Pacifico è in atto una crisi migratoria causata dal cambiamento climatico. E nonostante tutte le astuzie della diplomazia messe in campo, e le serrate trattative delle Nazioni Unite, gli Stati Uniti non riescono a convincere altri paesi come l’Australia o le Filippine o l’Indonesia ad un’equa ripartizione dei rifugiati. Perché le opinioni pubbliche di quei Paesi sono convinte che siano i migranti, a portare il morbillo.

Morbillo che intanto va combattuto, anche con la “bold action”, l’audacia di imporre l’obbligo vaccinale - nel Paese che della libertà di scelta individuale ha fatto un cardine costituzionale- in nome della sicurezza nazionale. Perché vede signor Presidente, «se tra 5 anni la popolazione non vaccinata continuerà a scendere sotto il 90%, l’immunità di gregge sarà perduta e ci saranno epidemie come nei secoli scorsi» conclude la scienziata, mentre le immagini passano a una bambina americana in fin di vita, e ai genitori che non l’han vaccinata «per motivi filosofici» . Se leggendo queste righe avete pensato che sia tutto vero, avete visto giusto. Anche se si tratta della diciassettesima puntata di Madam Secretary, giunto negli USA alla quinta stagione, si tratta di realtà, perché giusto nei giorni in cui andava in onda quella fiction, un paio di settimane fa, il sindaco di New York Bill de Blasio ha dovuto decretare la chiusura delle scuole ai bambini non vaccinati per l’emergenza morbillo, oltre ad altre misure, dati i quasi 300 casi registrati negli ultimi sei mesi. Mentre è epidemia morbillo in Madagascar. Quanto alla crisi dei migranti, e alla diffusa e infondata paura che portino malattie, ogni altro riferimento a quanto accade in tutto il mondo Italia compresa è puramente voluto.

Spiegava il semiologo Umberto Eco ( sì, l’autore del Nome della rosa) che nulla come la finzione è capace di raccontare la verità, con tutti i rischi che questo comporta. Ma sceneggiatori di molte fiction, specie statunitensi, devono averlo preso molto sul serio ( scherziamo, naturalmente) e in senso positivo, perchè vi sono cicli di grande successo sulla politica statunitense che son concepiti non solo per lanciare messaggi sociali, ma anche per spiegare i reali meccanismi di funzionamento delle istituzioni.

Nel caso di Madam secretary squadernando il ruolo- perno in politica estera degli Stati Uniti, in un Paese che ha avuto 3 donne di seguito a capo della diplomazia e due di esse - Madeleine Albright e Hillary Clinton- hanno anche fatto capolino a fianco della loro “collega” di fiction Tea Leoni. E poi soprattutto il vecchio West Wing, che nella fase di scrittura ha avuto come consulenti fissi i veri speaker e i veri advisor di quattro inquilini della Casa Bianca, da Dee Dee Myers a Marlin Fitzwater, da Peggy Noonan a Gene Sperling, fino a Frank Lutz superconsulente per le puntate sulle elezioni: una vera mise en scene della macchina istituzionale e politica americana, di cui son stati fan Henry Kissinger come Bill Clinton.

Ma gli esempi di fiction americane più vere del vero sono decine. Il più ultra- reale è forse uno degli ultimi episodi di The good fight, lo spin- off del pluripremiato The good wife in cui l’avvocatessa di provata fede democratica sfoga a colpi di judo la rabbia per l’America sfigurata da Trump, mentre gli sceneggiatori inseriscono l’infografica: il talento per le fake news Trump l’ha appreso in giovane età dal suo mentore Roy Cohn, l’avvocato che col senatore McCarthy costruì il “caso Rosenberg”. Si tratta di fiction, tra l’altro, con audience spettacolari. E ci vengono in mente perché nel magnifico mondo nel quale viviamo, purtroppo è appena accaduto che sia la realtà ad adeguarsi alla fiction.

Nel magnifico mondo nel quale viviamo “tutto è possibile”, e proprio con questo slogan - il cui significato è molto diverso, si noti, dal “we can” di Barack Obama- l’Ucraina ha appena eletto come presidente non un politico ma un signore che da tre stagioni quel ruolo lo interpretava in tv. Stesso candidato, stesso programma populista, stesso titolo della fiction, Servitore del popolo.

Nella piena confusione tra realtà e finzione, il copione si è dunque rovesciato: in genere, sin qui, erano le migliori fiction a virtualizzare la realtà. Difficile però possa accadere il contrario. La realtà, a differenza della fiction, non la si può scrivere a tavolino. Non ha un logos, non segue un ordine prestabilito di decisioni ed eventi. E difficilmente il copione di una fiction può servire a governare un Paese. Con l’Ucraina nella post- realtà del presidente- fiction c’è solo da sperare che Zelenskij si incolli al video, per guardarsi tutta West Wing.