Un terreno di scontro? Poteva esserlo. Ma in realtà la giustizia ha rappresentato un’opzione ad alto tasso di “produttività”, per il governo gialloverde. Almeno finora. Neppure il vertice saltato due giorni fa per la diserzione della Lega pare un segnale di rottura. Piuttosto, un atto dimostrativo per ottenere più collaborazione su altri fronti, come la chiusura dei porti.

Non a caso ieri il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha ribadito il proprio ottimismo. Interpellato al congresso Legacoop, il guardasigilli ha di nuovo assicurato che la riforma del processo, sia penale che civile, «sarà presentata al primo Consiglio dei ministri utile». Il fatto che non se ne sia parlato alla riunione di ieri, tenuta a Reggio Calabria, pare irrilevante: il governo ha viaggiato senza la scorta dei “tecnici”, i capi di gabinetto al seguito dei ministri erano pochissimi; e in condizioni simili sarebbe stato impossibile definire dei testi. Se ne parlerà dunque dopo Pasqua. Ma è improbabile che la Lega si metta di traverso. Anche perché, come ha ricordato sempre Bonafede, la delega sul processo è «il frutto del lavoro svolto ai tavoli con avvocatura e magistratura». Le norme sono state condivise da istituzioni e rappresentanze forensi come dall’Anm. Sarebbe davvero difficile, per la Lega, trovare elementi di merito sui quali avanzare perplessità. E va pure ricordato che non si tratterà «di una delega in bianco», seppur «nel pieno rispetto del Parlamento», come dichiarato dal ministro nell’intervista di ieri alla Stampa: «I decreto attuativi saranno molto ridotti». E infatti, la bozza di delega sulla procedura sia civile che penale contiene indicazioni dettagliatissime, articolo per articolo, non generiche proposizioni.

Il punto è un altro. La giustizia è un terreno sul quale si può incontrare il consenso senza devastare i conti dello Stato. Anche se Bonafede ha ricordato di aver fatto «un investimento senza precedenti sulla pianta organica dei magistrati». Stanziamenti tutti previsti nell’ultima legge di Bilancio. Anche qui dunque condivisione piena. Ma certo, quel “rapporto costi- benefici” relativamente favorevole assicurato dalla giustizia crea un rischio. E cioè che proprio tale accessibilità invogli le due forze di governo a spingere per provvedimenti- bandiera anche indigesti all’alleato. La questione si porrà a breve con la proposta sulla castrazione chimica, che la ministra Giulia Bongiorno intende presentare nonostante lo stop alla Camera, durante l’esame del “codice rosso”. Eppure il conflitto sembra destinato a casi marginali. Fila piuttosto liscia, al Senato, la proposta della Lega sull’ingiunzione veloce. E pare destinato a un percorso privilegiato pure il ddl governativo, a prima firma del premier Conte, che alza il tiro nei confronti dei violenti da stadio, da poco incardinata a Montecitorio. Piena convergenza sul ddl costituzionale che riconosce la funzione dell’avvocato, depositato congiuntamente dai capigruppo di M5s e Lega a Palazzo Madama. Qualche sorpresa potrebbe arrivare dalla separazione delle carriere: ieri Bonafede si è occupato anche di questo, ha chiarito di essere «da sempre contrario» ( diversamente dalla Lega), ma anche che «non ci si può sottrarre al dibattito, di fronte alla proposta fatta dagli avvocati» e a una «raccolta firme così importante». Il riferimento è allo straordinario impegno messo in campo, per la legge d’iniziativa popolare sulle carriere dei magistrati, dall’Unione Camere penali. E una riconoscimento simile, proprio perché fatto da chi come Bonafede non tifa per la riforma, è particolarmente significativo.

In teoria potrebbero esserci problemi se la riforma del penale non fosse già approvata quando entrerà in vigore una norma molto sgradita, invece, ai penalisti, la “nuova” prescrizione. Ma i tempi brevi assicurati da Bonafede anche sui decreti attuativi rendono l’ipotesi residuale. Sulla giustizia, dunque, se la maggioranza vorrà litigare, dovrà proprio essere determinata a farlo.