Giovanni Tria parla, Luigi Di Maio e Matteo Salvini smentiscono. Come in un copione ormai collaudato, i due vice premier fanno a gara per coprire la voce del Tesono con urla e frasi minacciose. Così, se il ministro dell’Economia è costretto ad ammettere, davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, che in assenza di misure «alternative», a partire dal primo gennaio 2020 l’Iva aumenterà, i due leader politici si affannano a controbattere.

«Con questo governo non ci sarà nessun aumento dell’Iva, deve essere chiaro», dice il ministro del Lavoro, quasi a voler cancellare con un colpo di spugna la spada di Damocle delle clausole di salvaguardia da 23 miliardi di euro che pende minacciosa sui conti italiani. «Finché il Movimento 5 Stelle sarà al governo non ci sarà, al contrario. L’obiettivo è ridurre il carico fiscale su famiglie e imprese», insiste Di Maio, poco dopo spalleggiato dall’altro vice premier. «Siamo al governo per abbassare le tasse, non per aumentarle come hanno fatto gli altri governi», afferma Salvini. «L’Iva non aumenterà. Punto. Questo è l’impegno della Lega...», aggiunge il segretario del Carroccio. Qualcuno, tra i banchi grillini, invita addirittura Tria a «passare al Pd» a mezza bocca.

Ma per quanto i due partiti di maggioranza tranquillizzino gli elettori alla vigilia delle Europee, il ministro dell’Economia non rinuncia alla chiarezza. Perché senza mettere in conto l’aumento dell’Iva, l’mpalcatura stessa del Def verrebbe a crollare. «Lo scenario tendenziale del Def incorpora i rialzi dell’Iva e delle accise», dice l’inquilinoi di via XX settembre in audizione. Per scongiurare aumenti dell’imposta sul valore aggiunto, il governo ha tempo di valutare «misure alternative», argomenta il ministro. Di certo, scandisce, «tutto quello che faremo dovrà rispettare le compatibilità con la politica di bilancio». E sui progetti di flat tax o rimodulazioni Iva, Tria spiega: «Circolano stime fatte un anno fa. Si possono fare stime di ogni tipo di vari disegni possibili di modifica delle aliquote Irpef più o meno avanzate con una certa progressione, è ovvio che al Mef le stime sulle possibili misure sono fatte in continuità».

Matteo Salvini non si scompone, lascia che il titolare dei conti esponga le sue opinioni e presenti i suoi calcoli per poi dichiarare: «Flat tax, autonomia, sburocratizzazione: si parte. Noi le idee ce le abbiamo già chiare, il nostro progetto ce lo abbiamo già chiaro. Ma prima le facciamo le cose e poi le diciamo», annuncia sereno, prima di sminuire la relazione Tria. «Lui è prudente, perché un ministro dell’Economia deve essere prudente», assicura il vice premier Salvini.

A garantire per il governo interviene anche la vice ministra dell’Economia, Laura Castelli, che chiosa: «La prossima manovra sicuramente vedrà la sterilizzazione dell’Iva».

Ma la “prudenza” di Tria è dettata anche dalle cupe prospettive di crescita del paese, passate nel giro di pochi mesi dall’1 per cento allo 0,2 per cento. Una stima «equilibrata» e «coerente», rivendica il ministro dell’Economia, convinto che il governo non abbia «peccato di ottimismo» e che la revisione delle previsioni sia «ampiamente coerente con la situazione generale», insiste. «Non siamo in Europa in recessione e neppure in Italia, dopo la recessione tecnica dell’ultimo trimestre ma c’è un forte rallentamento», argomenta Giovanni Tria.

Gli alleati di governo fingono di non aver sentito, le opposizioni rilanciano. «Gli italiani hanno bisogno di lavoro, salari più alti, infrastrutture più moderne, più investimenti sulla scuola e conoscenza», dice il segretario del Pd, Nicola Zingaretti. «Invece oggi il governo gialloverde conferma che l’unica cosa che aumenterà è l’Iva». Per la presidente dei deputati di Forza Italia, Mariastella Gelmini, l’aumento dell’Iva «sarà un salasso per i consumatori da 1.200 euro a famiglia», dichiara. «Chi dice che ciò non accadrà avrebbe l’obbligo morale e politico, anziché di prendersela con Tria, di dire una parola di verità al Paese e rispondere ad una semplice domanda: dove intendete prendere le risorse?». La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, commenta invece con una battuta la reazione di chi si scaglia contro il ministro dell’economia. «Nel governo tutti a gridare vergogna, ma nel Def c’è scritto questo. Evidentemente Tria è l’unico che lo ha letto».