Gli avrebbero sfondato il cranio provocandone la morte. Ora ci sono due rinvii a giudizio per omicidio. Parliamo di Fabio De Luca, detenuto di origini romane, che perse la vita in circostanze all’epoca poco chiare nel carcere di Isernia nel novembre del 2014. Era recluso da un mese per rapina ai danni della madre residente a Isernia, quando venne portato d’urgenza all’ospedale con gravi traumi alla testa. Inizialmente si parlò di caduta accidentale. L'uomo, secondo le prime ricostruzioni della Squadra Mobile di Campobasso, si era recato in un'altra cella per prendere una gruccia quando, alla presenza di due detenuti, avrebbe battuto la testa e sarebbe finito in coma. A dare l'allarme furono proprio i due detenuti che si trovavano con De Luca, più un terzo individuo. Ora sono loro gli imputati.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti Fabio De Luca non era però morto per una caduta accidentale dalla branda, ma per i traumi provocati da un pestaggio, come ha stabilito l’autopsia.

Per quel decesso tre ex compagni di detenzione della vittima vennero accusati a vario titolo di omicidio dalla Procura di Isernia. La svolta nelle indagini ci fu nel novembre del 2015, con l'arresto dei presunti responsabili. Secondo gli investigatori le lesioni sul corpo della vittima erano incompatibili con una caduta accidentale in quanto, oltre al colpo alla nuca, si è stabilì con certezza che De Luca venne colpito al cranio in più punti con un corpo contundente, a superficie liscia, forse ricoperto da un panno. La Mobile visionò i filmati registrati sia prima dell'aggressione, sia nell'immediatezza dell'evento, analizzando in particolar modo il comportamento di un gruppo di detenuti campani.

Fabio De Luca venne descritto come una persona particolarmente litigiosa. Il 45enne romano, come detto, era stato arrestato per rapina ed era in carcere dopo aver aggredito la madre. Intanto, la famiglia di De Luca, assistita dall'avvocato isernino Salvatore Galeazzo, si è già costituita parte civile e continua a chiedere verità e giustizia.

Parliamo di una vicenda simile alla storia del marchigiano Achille Mestichelli, un ascolano di 53 anni che era detenuto nel carcere di Ascoli Piceno. Il detenuto, nel gennaio del 2015, era stato arrestato dai carabinieri della stazione di Castel di Lama in esecuzione di una sentenza definitiva. Era stato condannato a due anni di reclusione per aver commesso un furto, episodio risalente ad alcuni anni precedenti. Intorno alle 21 del mese di febbraio dello stesso anno, i detenuti con i quali divideva la cella hanno lanciato l'allarme in quanto il loro compagno dava flebili segni di vita. È stato prontamente soccorso e visitato dal medico di turno il quale, valutato il suo stato di salute, ha deciso che l'uomo venisse trasferito all'ospedale di Torrette, provincia di Ancona, dove poi è finito in coma irreversibile per poi morire. La morte era avvenuta a seguito delle gravissime lesioni, trauma cranico e fratture costali, provocategli, da un compagno di cella, Mohamed Ben Alì, a seguito di un tragico pestaggio avvenuto cinque giorni prima del decesso. È stato poi processato fino arrivare alla sentenza d’appello: dieci anni di reclusione, escludendo l’aggravante per futili motivi riconosciuta in primo grado nel processo celebrato con rito abbreviato.