Una vittoria al fotofinish, con una differenza di voti dello 0.2%. I socialdemocratici guidati dall'ex sindacalista Antti Rinne tornano il primo partito della Finlandia( 17,7%) dopo una campagna elettorale tutta incentrata sui temi sociali e lasciano l'ultradestra di Veri finlandesi a un’incollatura ( 17,5%), quanto basta per avere in mano il pallino della formazione del prossimo governo.

Era da oltre 16 anni che la sinistra non si imponeva in un’elezione politica e malgrado il margine della vittoria sia davvero esiguo, è tutto il campo progressista che esce rafforzato dalle urne con i Verdi che oltrepassano l’ 11%% e il Partito della sinistra che balza all’ 8,7%. Chi credeva in una marea populista sarà rimasto deluso. I centristi del primo ministro Juha Sipila, per loro stessa ammissione sono i «grandi sconfitti del voto», usurati da anni di governo non superano il 15%, mentre i popolari e i cristiano democratici galleggiano intorno a un deludente 5%. Della vecchia coalizione di governo solo la destra radicale e anti- migranti di Veri finlandesi ( alleati in Europa con la Lega di Salvini) mantiene sostanzialmente lo stesso peso elettorale, ma non decolla, anzi, rispetto alle legislative del 2015, perde lo 0,5%. Lo stesso leqader populista Jussi Halla- aho non ha nascosto la sua delusione.

Nonostante la nomea di “paese più felice del mondo” gli elettori hanno respinto con forza le politiche di austerity del governo di centro destra, segnata da tagli draconiani alla spesa pubblica e in particolare al sistema di sussidi per la disoccupazione «Per la prima volta dal 1999, i socialdemocratici sono il partito del primo ministro», ha detto il 56enne Rinne sulle ali dell’entusiasmo. Di sicuro il mandato per formare il governo spetta a lui, ma non sarà facile comporre una coalizione stabile. Forti dei 40 seggi conquistati su 200 i socialdemocratici sicuramente cercheranno il dialogo con i Verdi, ma è difficile che riescano a coinvolgere l’ala più radicale del Partito della sinistra; in tal caso dovranno guardare a uno dei due partiti centristi ma anche in questo caso far conciliare i programmi economici appare un’impresa molto complicata.