Ha eguagliato il record di David Ben Gurion, il padre della patria, per numero di elezioni vinte: cinque. Ma Bibi Netanyahu non è tipo da mettere limiti alla provvidenza e da scartare a priori l'ipotesi di una sesta vittoria tra quattro anni. Giustizia permettendo, dato che sul suo capo pende la richiesta di rinvio a giudizio per tre accuse di corruzione e non sarebbe il primo leader politico israeliano a finire dietro le sbarre come sa sin troppo bene l'ex premier Olmert. Per battere il record quanto a giorni di governo, Bibi dovrà invece aspettare luglio. Invece, anche se il cinque volte premier israeliano ha rivendicato il massimo di seggi raggiunto alla Knesset, il Parlamento israeliano, dal suo partito, il Likud, da quel record è in realtà ben lontano. Hanno fatto meglio sia Sharon che Begin e Shamir e anzi, nel 2009, Bibi fu sconfitto, sia pure solo per un seggio, dall'allora leader di Kadima, il partito fondato da Ariel Sharon dopo la scissione del Likud, Tzipi Livni. Sulla poltrona di premier, che aveva dovuto abbandonare nel 1999 quando il laburista generale Ehud Barak lo sbaragliò nelle urne, Ntanyahu ci tornò lo stesso in virtù delle alleanze che, con un sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento al 3,25% e in un quadro politico estremamente frammentato, vogliono dire quasi tutto.

Ma quello dei record è un giochino giornalistico. Se ha senso paragonare il premier uscente e rientrante a Gerusalemme è perché nessuno ha rimodellato il Paese, dopo Ben Gurion, quanto lui. Quando uscirà di scena, e prima o poi succederà anche a lui, lascerà uno Stato di Israele profondamente diverso da quello che era quando arrivò per la seconda volta al potere, nel 2009. Uno stato che affida la propria sicurezza solo ed esclusivamente alla forza. Il segreto del successo di Bibi lo ha riassunto mirabilmente il giornalista e storico Tom Segev: «Gli israeliani vogliono sapere quanto vale lo shekel e che non ci siano bombe sotto le lor auto». Netanyahu ha saputo far fronte a entrambe le esigenze: l'economia israeliana corre con un passaggio del reddito medio pro- capite dai 27mila dollari del 2009 ai 37mila attuali. Il numero di attentati non è mai stato così basso. Il Paese ha superato la Silicon Valley come capitale delle start up. Proprio ieri il primo ' veicolo privato' nella storia ha raggiunto la Luna ed è un rover israeliano, Beresheet. Ma forse il segreto della quinta vittoria del capo del Likud, la quarta consecutiva, la più inattesa almeno sul piano simbolico della lista più votata perché sul successo della coalizione di centrodestra ci sono invece stati sempre pochi dubbi, non è neppure solo nell'economia che tira e nelle bombe che non esplodono. E' che Bibi si trova in un quadro internazionale che non gli è mai stato così favorevole. Vicinissimo a Trump, che del resto è amico di famiglia da decenni, ma anche a Putin. Con l'Italia, un tempo capofila del fronte europeo filo- arabo, che ha ora in Salvini un fervente ammiratore del leader della destra israeliana e anche con il brasiliano Bolsonero è stato amore sin da un attimo dopo l'elezione del nuovo presidente dell'immenso Brasile. E' il quadro ideale per Bibi, che è nato a Tel Aviv nel 1949 ma dai 9 anni in poi ha vissuto negli States, dove era già nato il fratello maggiore Yonathan, eroe di guerra ucciso nel 1976 durante la liberazione degli ostaggi di Entebbe, missione leggendaria di cui era al comando. Con quel nome impronunciabile per gli yankees, in America Bibi si faceva chiamare Ben Nitay, con in tasca un passaporto americano, accompagnato a quello di Israele, al quale ha rinunciato solo quando fu nominato portavoce dell'ambasciata israeliana a Washington.

Ma Bibi si è sempre sentito americano quasi quanto israeliano e ha sempre puntato su un rapporto privilegiato con la Casa Bianca. A volte è stato difficile, come quando, dopo il primo incontro con Clinton il presidente degli Usa commentò «Ma quello chi si crede di essere? La fottuta superpotenza qui siamo noi!». A volte difficilissimo, tanto che la reciproca ostilità tra lui e Obama, in particolare sull'accordo Usa- Iran, era arrivata ben oltre i livelli di guardia. Ma con Trump la musica è opposta: l'ambasciata Usa a Gerusalemme e il semaforo verde per l'annessine del Golan stanno lì a dimostrarlo. L'Israele dei Netanyahu, non del solo Bibi, è diversa da quella di Ben Gurion da prima ancora che lo Stato nascesse. Il nonno, Nathan, era un rabbino importante in Lituania, da dove era arrivato in Israele nei primi anni' 20 e un sionista convinto, Il padre Benzion, era assistente del rabbino Jabotinskj, fondatore e leader e della destra sionista della quale lo stesso Benzion Netanyahu diventò poi uno dei massimi teorici. E' uno Stato di Israele, quello di Bibi, molto simile all'ideale della destra conservatrice americana, anche se sui diritti di genere Bibi è invece molto aperto mentre sull'immigrazione è schierato sulla linea di Visegrad e della Lega italiana. E' un Israele che ha come stella polare un principio chiaro e preciso: la sicurezza deriva solo dalla forza.