Dopo Reinhold Messner, Paolo Cognetti. Anche l’autore di Le Otto Montagne, vincitore dello Strega 2017, si schiera contro il concerto di Jovanotti in programma a Plan de Corones, in Alto Adige, a oltre 2000 metri di quota.

Ci sarebbe da fare una notazione tecnica sulla protesta contro la musica rock eseguita in montagna. Jovanotti è un cantante pop, non rock, di trasgressivo ha molto poco e questo ce lo rende anche più simpatico. Meno ci piacciono atteggiamenti proprietari nei confronti della montagna o pretese sacerdotali.

Soprattutto su queste ultime c’è molto da ridire. Che ci sia un solo modo di vivere la montagna e rispettarla è molto discutibile, quanto è discutibile pretendere che la montagna abbia diritto a un trattamento diverso dalle spiagge, dalle pianure o persino dalle città. Lo sforzo per non danneggiare l’esistente, consentirne a tutti una civile fruizione, impegnarsi per limitare ogni forma di inquinamento, acustico, olfattivo, estetico, dovrebbe costituire un obbiettivo condiviso. Quanto l’offrire occasioni di incontro e conoscenza in contesti particolarmente suggestivi, come la montagna. Ma su tutto questo si può discutere.

A turbare davvero nell’occasione presente è la pretesa di imporre alla comunità il rispetto di una sacralità dei luoghi di natura animistica. La nostra società si va secolarizzando, laicizzando, secondo alcuni persino scristianizzando. È la modernità e con essa bisogna fare i conti, ma una regressione verso forme di religiosità primitive risulterebbe grottesca. Quanti hanno lottato in nome della scienza contro la religione tradizionale, solida e matura, radicata nelle coscienze dovrebbero riflettere sui disastri che si rischia di combinare negando il fondamento radicale della religiosità, insito in tutte le esperienze culturali umane. Secondo alcuni la sepoltura dei morti e i riti ad essa relativi, ossia i fondamenti di ogni religione, stanno alla base della stessa esperienza culturale. Visione del mondo, rapporto con il reale o l’immaginato tale, dimensione identitaria e religione non sono separabili. Convivono e sono riconducibili all’essenza della natura umana. Rinunciare a una religiosità coerente con lo sviluppo della nostra cultura rischia di portarci nei luoghi più strani, a spingerci nelle situazioni più impensate. Per gli indiani delle pianure del Nord America l’animismo era connaturale. La loro cultura era cresciuta in quella direzione, facendo prosperare il culto degli antenati e dedicando alla loro devozione luoghi particolari, in stretto collegamento con la terra, riconosciuta madre del creato. In questo i nativi americani non risultano nemmeno troppo originali: la mitologia greca assegna a Gea lo stesso ruolo.

Se la terra è la grande madre, intaccare in un qualsiasi modo il suo corpo è una profanazione. Non importa se le miniere vengono scavate alla ricerca dell’oro. Ferire il corpo della madre comune è un sacrilegio. Non costituisce rimedio il fatto che dopo lo sfruttamento dei filoni auriferi le gallerie vengano abbandonate e si possano interrare. Allo stesso modo è il suono amplificato che viola la montagna in quanto luogo sacro e non serve a niente che poi l’impianto venga spento e smontato, e tutto ritorni come prima. Anche se non si vede la differenza, se non rimane una lattina di birra per terra e l’erba risulta intatta, la profanazione è avvenuta.

Non si discute su quanto l’evento disturbi la fruizione della montagna da parte di altri, né si sostiene la necessità di contingentare l’uso delle valli alpine da parte degli artisti pop e rock. Si afferma l’impossibilità di una coesistenza fra suoni elevati e montagna e lo si fa sulla base di un credo. Non si tratta di un fenomeno diverso da quello che si esprime nell’esperienza dei no- tav. Tav è femminile, sta per Tratta ad Alta Velocità, non per Treno Altamente Veloce come crede qualcuno.

Per gli oppositori alla realizzazione ingegneristica in Val di Susa, le gallerie sotterranee profanano la terra che attraversano, desacralizzano le montagne sotto le quali passano, intaccano la loro anima. L’animismo si fonda su credenze robuste. Mica su discutibili calcoli costi ricavi.