Il Parlamento europeo voterà oggi il testo definitivo riguardante la direttiva sul diritto di autore, un provvedimento che già nel luglio scorso è stato al centro di un acceso dibattito e verso il quale non mancarono le proteste di chi difende la libertà di espressione sul web.

Ora, nel momento dell’approvazione, si replica. Lo dimostra la clamorosa iniziativa presa da Wikipedia, l’enciclopedia on line più popolare e utilizzata da internauti e operatori dell’informazione.

Da ieri la schermata del sito è oscurata in tutti i paesi per volere dei suoi stessi proprietari. Chiunque abbia provato ad entrare nel portale ha potuto leggere soltanto un messaggio che spiega le ragioni della protesta: «La direttiva imporrà ulteriori oneri di licenza ai siti web che raccolgono e organizzano le notizie ( articolo 11), e forzerà le piattaforme a scansionare tutti i materiali caricati dagli utenti e bloccare automaticamente quelli contenenti elementi potenzialmente sottoposti a diritti d’autore ( articolo 13)».

Sono due quindi gli articoli più contestati anche se in realtà Wikipedia ( che non ha fini commerciali) non è interessata dalla direttiva, non deve cioè sottostare alle nuove regole sul copyright.

L’iniziativa della piattaforma web dunque assume un carattere più generale e simbolico, lo si capisce in un altro passaggio del testo di protesta: «Entrambi questi articoli rischiano di colpire in modo rilevante la libertà di espressione e la partecipazione online. Nonostante Wikipedia non sia direttamente toccata da queste norme, il nostro progetto è parte integrante dell’ecosistema di internet. Gli articoli 11 e 13 indebolirebbero il web, e indebolirebbero Wikipedia». L’iter della direttiva europea fin dall’inizio è stato caratterizzato da uno “stop and go” a testimonianza della delicatezza della materia. Il Parlamento Ue aveva inizialmente bocciato la norma per poi approvarla nel settembre del 2018 anche se erano state introdotte delle modifiche proprio agli articoli 11 e 13.

La nuova direttiva prevede quattro eccezioni obbligatorie al copyright: per scopi di insegnamento ed educativi, per la conservazione del patrimonio culturale, per il text and data mining a scopi di ricerca e per il text and data mining al fine di contribuire allo sviluppo dell’analisi dei dati e dell’intelligenza artificiale. Il testo è stato appoggiato dal Coreper, il Comitato dei Rappresentanti Permanenti degli Stati Ue, con il voto contrario di Italia, Polonia, Lussemburgo, Olanda e Finlandia e con l’astensione di Belgio e Slovenia. L’accordo politico è stato approvato dalla Commissione Affari Giuridici del Parlamento il 26 febbraio 2019.

Ora, in Italia, si attendono le reazioni politiche che già erano scoppiate lo scorso anno tra il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani e il Movimento 5 Stelle. Per quest’ultimo la direttiva era una pagina nera per la democrazia mentre per l’esponente di Forza Italia significava la fine del “far west digitale”.