È passato più di un anno quando è morto Antonino Saladino, 31enne reggino, nel carcere di Arghillà. Da almeno dodici giorni prima del tragico evento, avvenuto la sera del 18 marzo 2018, risulta che palesava una progressiva diminuzione di peso ed una evidente spossatezza che, con il senno di poi, risulteranno letali. La famiglia vuole risposte e pretende di sapere non solo perché è morto ma se, eventualmente, ci siano state delle inefficienze da parte della struttura penitenziaria. «Ultimamente accusava dei disturbi - denunciò la madre - ma non ha avuto nessun aiuto. Aveva dei dolori e nessuno gli ha dato la medicina adatta per potersi curare». Sulla morte indaga la Procura dello Stretto, ma ad oggi ancora non ci sono risposte. Proprio per questo, a distanza di un anno, il garante comunale delle persone private della libertà personali Agostino Siviglia, il quale si attivò fin da subito, ha voluto riportare l’attenzione sul caso. «Va segnalato – ricorda il garante - , che proprio dal diario clinico del detenuto, risulta un inspiegabile ' vuoto' ( dal 5/ 3/ 2018 al 18/ 3/ 2018) che, considerato l'evolversi degenerativo del perdurante malore di Saladino, confermato dalla circostanza che il ragazzo non riusciva ad alimentarsi da ' almeno 25 ore' prima del decesso, ma probabilmente anche da più tempo, risulta dirimente ai fini della più compiuta diagnosi circa l'effettività del malessere che lo avevo colpito, anche e soprattutto, in funzione di un possibile e tempestivo intervento sanitario, che magari avrebbe potuto salvarlo». Quindi il garante Siviglia elenca domande rimaste ancora senza risposta. «Poteva essere salvato Saladino – domanda il garante se si fosse intervenuto per tempo nella giornata del 18 marzo 2018 ( giorno del decesso), chiamando cioè il 118 nel pomeriggio ( alle 15: 30 o alle 19: 30, quando fu visitato e le sue condizioni di salute risultavano già preoccupanti), anziché aspettare le ore 23: 26 per allertare il 118, quando oramai la situazione era definitivamente compromessa?». Domanda ancora Siviglia: «Poteva essere salvato Saladino se si fosse diagnosticato per tempo il suo malessere fisico, considerato che già diversi giorni prima del decesso aveva accusato perduranti malori, a partire almeno dal 5 marzo 2018?». Poi si chiede: «Poteva, ancora, effettivamente, essere diagnosticato tempestivamente il malessere o la patologia ( sulla quale peraltro l'autopsia non pare fare chiarezza in mancanza di dati sanitari certi relativi agli ultimi 12 giorni di vita del detenuto) che ha poi condotto al decesso di Saladino?». Da ultimo il garante Siviglia si domanda come mai «nonostante i compagni di cella di Saladino e altri compagni di sezione dichiarino all'unisono che il ragazzo stava male da diversi giorni e che era stato sottoposto a diverse visite mediche durante i giorni e le settimane precedenti il decesso, di ciò, non vi è traccia alcuna nel diario clinico?». Domande che ancora oggi, a distanza di un anno dalla morte del ragazzo, rimangono tutte senza risposta. Ci sono tanti aspetti da chiarire. La madre di Antonino Saladino confida nella giustizia e si appella alle Istituzioni non solo per far luce sulla morte del figlio ma, anche affinché lo Stato si prenda cura dei tanti detenuti. «Mi auguroci dice- che in carcere i detenuti vengano trattati come persone normali e non abbandonati a se stessi quando stanno poco bene».