All'adunata si presentarono in pochi: 300 secondo le più rosse stime, inclusi curiosi e giornalisti. La stampa presenziò ma scrisse pochissimo: un trafiletto sul Corriere della Sera, anche meno sulle altre testate.

Nei decenni successivi, nell'apoteosi del regime, migliaia di fascisti tentarono di riportare indietro il calendario assicurando che c'erano anche loro, la sera del 23 marzo 1919, nei locali milanesi dell'Associazione nazionale commercianti ed esercenti in piazza San Sepolcro, messi a disposizione dietro pagamento di un regolare affitto dal presidente dell'Associazione, l'industriale ebreo e massone Cesare Goldmann. Il raduno doveva tenersi, secondo i progetti iniziali in un ben più capiente teatro ma le adesioni arrivate alla vigilia, nonostante l'organizzatore assicurasse che “fioccavano”, avevano consigliato di ripiegare su una sala più modesta per evitare il temuto effetto- vuoto. La realtà è che tra i gerarchi del ventennio pochissimi erano stati ' sansepolcristi' e, di converso, pochi tra i convenuti all'adunata convocata da Benito Mussolini con due comunicati usciti sul suo giornale, Il Popolo d'Italia, il 2 e il 9 marzo, rimasero fascisti a lungo.

A introdurre i lavori fu Ferruccio Vecchi, 25 anni, interventista nel 1915, poi ufficiale degli Arditi e fondatore, dopo la guerra dell'Associazione Nazionale Arditi d'Italia. Seguirono una quindicina d'interventi tra i quali quelli del futurista Filippo Tommaso Marinetti, allora di 43 anni, ma furono per lo più brevi comunicazioni d'adesione. I soli discorsi rilevanti li pronunciarono Mussolini, secondo il suo biografo Renzo De Felice non particolarmente in forma quella sera, e Michele Bianchi destinato a diventare due anni dopo il primo segretario del Pnf.

A 36 anni Benito Mussolini, uno ' zingaro della politica' come si definiva lui stesso in quel momento, era alla ricerca di una terza reincarnazione politica. Era irrotto sulla scena politica nazionale sette anni prima, quando al XIII congresso del partito socialista italiano, a Reggio Emilia, aveva guidato l'offensiva dei ' massimalisti' contro i ' riformisti' che fino a quel momento avevano tenuto in pugno le redini del partito, chiedendo e ottenendo le loro dimissioni. Nella nuova gestione del partito aveva ottenuto, giovanissimo, la direzione dell'Avanti! E si era imposto come il principale leader del socialismo italiano, adorato dalle masse operaie.

Due anni dopo, con l'anarchico Errico Malatesta, aveva guidato le manifestazioni insurrezionali della ' settimana rossa', nel giugno 1914 e allo scoppio della guerra si era subito schierato con i neutralisti. L'anno dopo, con un cambiamento drastico e repentino, era però passato al fronte opposto, quello dell'interventismo di sinistra, cercando di spostare sulla stessa linea la foltissima base del Psi. Aveva mancato il colpo. Gli operai e i contadini che lo avevano esaltato più di qualsiasi altro leader sino a quel momento lo avevano abbandonato e non gli avrebbero mai perdonato il tradimento, neppure nell'orgia di consenso generalizzato degli anni ' 30.

Persa la direzione del quotidiano socialista, il futuro duce aveva fondato il suo giornale e si era affermato come leader dell'interventismo di sinistra, poi, tornato al fronte nel 1917, come esponente della linea più rigida dopo la disfatta di Caporetto. A guerra finita, era in cerca di un nuovo ruolo da giocare nella politica italiana e di uno strumento. Probabilmente i Fasci di combattimento, fondati a San Sepolcro un secolo fa, non dovevano essere nella sua visione quello strumento ma solo un mezzo per esercitare pressione e arrivare all'unificazione della composita area dell'interventismo di sinistra. Di certo il direttore del Popolo non aveva in mente un partito. L'adesione ai Fasci prevedeva la possibilità della doppia tessera e nell'articolo del 9 marzo aveva annunciato che nell'adunata del 23 ' sarà creato l'antipartito, sorgeranno cioè i fasci di combattimento che faranno fronte contro due pericoli, quello misoenista di destra e quello distruttivo di sinistra'.

Né di destra né di sinistra, si direbbe oggi. Nel fascismo ' diciannovista' confluivano tre correnti distinte, il socialismo rivoluzionario, che si incarnava allora nella Uil, il sindacato rivoluzionario e interventista i cui principali esponenti erano stati Filippo Corridoni, ucciso al fronte nel 1915, e Alceste De Ambris, segretario dal 1919, il futurismo e l' ' arditismo'. In guerra gli Arditi erano stati il corpo d'élite, esentati dagli obblighi della disciplina militare ma incaricati delle missioni più pericolose, dopo la guerra erano tra quelli che peggio si erano adattati alla fine del conflitto e si erano legati a Mussolini, anche se in realtà molti finirono poi per seguire D'Annunzio nell'impresa di Fiume o per schierarsi con gli Arditi del Popolo contro i fascisti.

L'influenza più profonda era probabilmente quella del sindacalismo rivoluzionario. Alceste De Ambris non era tra i sansepolcristi e non aderì mai ai Fasci di combattimento, ma solo per l'incompatibilità con la carica di segretario della Uil. I punti programmatici del manifesto di San Sepolcro erano però ripresi dal programma della Uil e a stilare nei due mesi successivi il vero e proprio programma dei Fasci sarebbe stato proprio De Ambris. Era un programma molto radicale e di sinistra.

I Fasci si volevano opporre «all'imperialismo degli altri popoli a danno dell'Italia e all'eventuale imperialismo italiano a danno di altri popoli». I fasci chiedevano il suffragio universale esteso alle donne con diritto di voto a partire dai 18 anni. Un'Assemblea nazionale per decidere la forma dello Stato, con obiettivo la repubblica. Una magistratura elettiva e indipendente dal potere esecutivo. Sul fronte del lavoro le richieste erano: orario di lavoro di otto ore, salario minimo, partecipazione operaia alla gestione delle industrie, terra ai contadini, un'imposta progressiva sul capitale come «espropriazione parziale di tutte le ricchezze», confisca di tutti i beni religiosi.

Era un programma rivoluzionario non troppo dissimile da quello avanzatissimo che lo stesso De Ambris, che aveva seguito D'Annunzio a Fiume, avrebbe poi stilato nella Carta del Carnaro. Pur mantenendo altissima la polemica con i neutralisti, Mussolini mirava evidentemente a recuperare il rapporto perduto con la base operaia del Partito socialista.

Quell'illusione svanì meno di un mese dopo. Il 15 aprile, in occasione dello sciopero generale indetto dai socialisti, gruppi di Arditi e futuristi assediarono la sede dell'Avanti!. Dalle finestre partì un colpo di fucile e uccise una guardia regia. Nel caos successivo Arditi e futuristi forzarono i cordoni di polizia, irruppero nella redazione e la devastarono. Secondo Mimmo Franzinelli ci furono anche due vittime. In ogni caso l'assalto fu la prima vera azione squadrista e segnò una svolta radicale: fino a quel momento negli scontri di piazza ci sia era limitati a usare i bastoni e i colpi d'arma da fuoco erano stati rarissimi. Gli Arditi invece impugnavano le armi e i fascisti avrebbero continuato a farlo nei due anni successivi. Alcuni “trofei” presi nel corso del saccheggio furono portati in omaggio a Mussolini, nella redazione del Popolo presidiata dagli Arditi.

Le possibilità di ricucire un rapporto tra la sinistra interventista e le masse operaie, ammesso che esistesse ed è improbabile, furono cancellate quel giorno. I Fasci, sui quali peraltro secondo De Felice Mussolini scommetteva poco, furono un insuccesso. Alla fine dell'anno i Fasci costituitisi in Italia non andavano oltre i 30 con 870 iscritti sull'intero territorio nazionale, e in molte realtà l'attività era inesistente.

Alle elezioni del 16 novembre, pur avendo in lista oltre allo stesso fondatore anche Marinetti e Arturo Toscanini, i Fasci non ottennero neppure un seggio. Gli operai milanesi, una volta resi noti i risultati elettorali, organizzarono un finto funerale per Benito Mussolini.

A partire dalla seconda metà del 1920 e poi accelerando sempre più nel 1921 il fascismo cambiò strada. Sterzò decisamente a destra, lasciò cadere uno dopo l'altro i punti del programma sansepolcrista. La composizione della platea dei congressi fascisti rispecchiò il cambiamento: non più reduci, operai e piccola borghesia insoddisfatta ma agrari e industriali.

San Sepolcro rimase un mito presente nei miraggi dei “fascisti rivoluzionari”, tra i quali l'esponente principale era Giuseppe Bottai. Nel nuovo fascismo, di destra e dominato dallo squadrismo, Mussolini non fu all'inizio il capo assoluto ma solo il leader più importante, condizionato tuttavia dai ras squadristi e guardato a volte con diffidenza.

«Chi ha tradito, tradirà», dicevano i duri e in effetti Mussolini tradì, nei giorni dell'impresa di Fiume, l'uomo che era visto dallo squadrismo, come era stato per gli Arditi e per i sansepolcristi, il vero e principale punto di riferimento: Gabriele D'Annunzio.