«Per una questione di opportunità politica, ho deciso di autosospendermi dal M5S e di riconsegnare le deleghe attribuitemi dal sindaco Virginia Raggi in qualità di assessore allo Sport di Roma Capitale». Questa volta non serve un intervento di Luigi Di Maio. Daniele Frongia, assessore allo Sport finito sotto i riflettori della procura di Roma, si auto sospende dal Movimento. Secondo i magistrati, l’esponente pentastellato, indagato per corruzione, avrebbe suggerito a Luca Parnasi il nome di una dipendente comunale da assumere in una delle aziende del costruttore. E anche se Frongia si dice sicuro dell’archiviazione del caso, consapevole «di non aver mai compiuto alcun reato e appurato che non ho mai ricevuto alcun avviso di garanzia», per il Movimento 5 Stelle si apre un nuovo fronte interno.

Se con De Vito la sindaca ha gioco facile nel rivendicare la sua «risaputa» distanza dall’ex presidente dell’assemblea, di Frongia Virginia Raggi non può certo dire la stessa cosa. Il rapporto tra l’assessore allo Sport e la prima cittadina è strettissimo fin dai tempi dell’opposizione a Ignazio Marino. E nella prima fase del nuovo corso grillino in Campidoglio, i due si muovono in simbiosi. Raggi prima lo nomina capo di Gabinetto, ma è costretta a revocare l’incarico per incompatibilità, poi lo incorona vice sindaco. Pochi mesi dopo un nuovo colpo di scena: la Giunta è nella bufera per l’arresto di Renato Marra, la sindaca è accusata dalla minoranza interna di amministrare la Capitale in maniera poco collegiale, condividendo le decisioni importanti con soli “quattro amici al bar”, come il nome della chat in cui si scambiavano messaggi la prima cittadina, Marra, Salvatore Romeo e Frongia.

La maggioranza sembra a un passo dal crollo e Beppe Grillo è costretto a costanti incursioni romane per evitare il peggio. E per scongiurare il tritacarne mediatico il leader di allora, oggi solo “garante”, impone una scelta drastica: il duo Raggi- Frongia va sciolto immediatamente. E il vice sindaco è costretto a rinunciare alla carica, mantenendo però la pesantissima delega allo Sport, quella attraverso cui deve passare necessariamente il “report stadio”. Per questo motivo la notizia di un’indagine a carico del proprio braccio destro è una doccia gelata per l’inquilina del Campidoglio. Ma non solo. È tutto il movimento che rischia di finire sotto i riflettori, anche se i big evitano di commentare in pubblico. «Questa verrà archiviata, semplice», si limita a commentare Francesco Silvestri, vice capogruppo M5S alla Camera. E su un eventuale passo indietro dell’assessore, dice che «valuterà lui» ma sull’argomento «non voglio parlare prima della sindaca. Penso che si stiano parlando Raggi e Di Maio, vedono loro se è il caso... se è un’indagine d’ufficio. Valuteranno loro due», aggiunge l’onorevole pentastellato.

Di Maio teme ulteriori ripercussioni elettorali da questa vicenda e spera di non essere costretto a operare nuovi provvedimenti disciplinari. Non saranno di certo altre espulsioni a proteggere l’immagine, ormai non più immacolata, del Movimento. «Io non credo che a Roma ci sia un sistema M5S. Se noi avessimo voluto che ci fosse un sistema M5S avremmo detto sì alle Olimpiadi», insiste Silvestri. «Se avessimo voluto un sistema o qualcosa in cui sguazzare, con le Olimpiadi avremmo fatto la qualunque». All’ombra del Campidoglio, è il ragionamento, al massimo c’è qualche furbetto che agisce alle spalle della sindaca e del Movimento, non una nuova “mafia capitale”. «Il gruppo M5S ha investito e continua a investire tantissimo su Virginia Raggi. Per me Virginia è una persona eccezionale, ha una ossatura incredibile», dice ancora il vice capogruppo grillino alla Camera. «I consiglieri che stanno lì dentro li conosco benissimo, sono bravissime persone. Io credo e spero che la cosa rimanga circoscritta a De Vito. Se rimane circoscritta a Marcello, io in primis penso che debba andare tutto avanti», conclude l’esponente di un partito che ha già emesso sentenza per il presidente dell’assemblea capitolina.