Oggi alle 16.30 nella sede del Partito Radicale, in via di Torre Argentina 76 a Roma, l’associazione culturale Senzabarcode, diretta da Sheyla Bobba, organizza la presentazione del libro: “Non è vero ma ci credo Come le fake news inquinano la democrazia” di Giuseppe Cricenti e Fernando Gallone (Armando Editore, 2019, pag 144, Euro 15). La prefazione del testo, che si avvale della consulenza del debunker David Puente, è di Stefano Folli: “il maggior produttore di fake news, in ogni tempo della storia, è il potere. Il potere in ogni sua espressione, ma innanzitutto il potere politico: falsità e manipolazioni sono spesso figlie legittime”.

Il saggio di Cricenti – Consigliere della Corte Suprema di Cassazione – e di Gallone – avvocato–, muovendosi sui piani dell’epistemologia della conoscenza, del diritto e della comunicazione politica, indaga le cause che hanno portato alla diffusione delle ‘ verità alternative, sorrette – come si legge nell’introduzione – da nient’altro che dal bisogno della gente’. Quella stessa gente che va ad aggregarsi nei movimenti populisti, quelli per cui ‘ ignorante è bello’ purché sia contro gli interessi della casta, quelli per i quali – a causa del profondo analfabetismo funzionale che li contraddistingue – sarebbero credibili la presenza Mattarella ai funerali di Riina e i complotti delle case farmaceutiche contro la salute pubblica.

Si tratta di un libro attuale, considerato che proprio questa settimana è stato lanciato dalla Commissione Ue un Sistema d’allerta rapido contro le fake news. Se tutti gli Stati, sostengono gli autori, devono fare i conti con l’esplosione del fenomeno delle fake news, in Italia dobbiamo preoccuparci di più a causa dell’impatto devastante che esse hanno sull’opinione pubblica, di cui condizionano le scelte quotidiane. Lo conferma un recente sondaggio Ipsos– riportato insieme a diverse statistiche nel saggio - per cui il nostro Paese, nell'indice di ignoranza, intesa come errata conoscenza della realtà, si colloca al primo posto tra gli Stati europei. In tale contesto il voto popolare è ancora libero? Partendo dal presupposto che, come scrivono, ‘esso è tale solo quando è pienamente consapevole’ – facendo riecheggiare il noto insegnamento einaudiano ‘Conoscere per deliberare’– occorre però registrare che oggi più che in passato esistono realtà dietro ad alcuni partiti e movimenti politici che si occupano di fabbricare notizie false, qui e all'estero. Se quindi gli elettori non possono conoscere le reali idee e azioni dei soggetti politici in corsa, allora il voto sarà solo formalmente democratico ma sostanzialmente viziato.

Come contrastare il fenomeno? Non aderendo al pensiero di John Milton, sostenitore della superiorità del mercato delle idee su ogni regola restrittiva. Se dunque la massimizzazione delle opinioni non rappresenta “il miglior modo per aiutare la società ad incrementare classi di verità”, allora occorre una regolamentazione: “le società moderne non hanno bisogno di totale assenza di censura, hanno bisogno di un livello ottimo di controllo”. Gli autori per questo guardano al sistema tedesco che ha indotto Facebook a collaborare con giornalisti investigativi e eliminare in prossimità delle elezioni 10000 account falsi sospettati di diffondere notizie false.