Pochi medici in carcere e il 70 percento di loro sono precari e sottopagati. Il diritto alla salute in carcere, quindi, non è garantito come dovrebbe. La denuncia è arrivata dal coordinatore nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale Fimmg Medicina Penitenziaria Franco Alberti, che avverte: «Mancano medici nelle carceri, nonostante passate circolari del ministero della Giustizia stabilissero la presenza di 1 medico ogni 200 detenuti, e la situazione è grave». Si parla anche del sovraffollamento come aggravante. «I detenuti sono oggi circa 65.000, ben più dei 40- 45.000 che potrebbero essere ospitati nelle strutture carcerarie. C'è una situazione nota di sovraffollamento alla quale - spiega Alberti - è davvero difficile fare fronte. I medici che lavorano nelle carceri sono infatti 1.000, ma va detto che circa il 70% di questi è rappresentato da medici precari e sottopagati». Ovviamente, il numero dei medici varia da carcere a carcere a seconda della capienza della struttura, ma in media, sottolinea, «oggi possiamo dire che ci sia un medico per ogni 315 detenuti. La nostra richiesta è che ve ne sia uno almeno ogni 150. I medici di base, che garantiscono l'assistenza ambulatoriale per 3- 4 ore al giorno, secondo il fabbisogno da noi calcolato dovrebbero essere 1.044; i medici di guardia, che fanno assistenza h24 a turno, dovrebbero invece essere 1.588, e va detto che attualmente in varie carceri i medici di guardia mancano del tutto».

Quando si parla di diritto alla salute in carcere bisogna tenere presenti due profili: il diritto a mantenere una buona condizione di salute per coloro che sono sani, e il diritto alla salute per i detenuti malati, come i tossicodipendenti o i sieropositivi, attraverso misure che garantiscano il diritto all’informazione sul proprio stato di salute, sui trattamenti che il medico vuole effettuare e il diritto a cure garantite.

Ma sia nell’un senso sia nell’altro siamo sempre di fronte ad un diritto fondamentale, che, per tale motivo, seppure sotto profili diversi, attiene alla dignità della persona umana e sollecita i poteri statuali a garantirlo mediante il massimo degli sforzi possibili. L’Ordinamento penitenziario pertanto contempla alcune disposizioni stabilite con la finalità di salvaguardare il diritto alla salute, tutelato, in via generale e primaria, dall’art. 32 della Costituzione, che implica il diritto ai trattamenti sanitari necessari per la sua tutela ed è garantito ad ogni persona, e, in via indiretta e con specifico riferimento all’esecuzione penale, dall’art. 27 co. 3 della Costituzione, che vieta l’adozione di pratiche contrarie al senso di umanità nel corso dell’esecuzione delle pene. Purtroppo si muore in cella per mancanza di una adeguata assistenza sanitaria e, non di rado, la colpa cade sugli operatori sanitari che cercano di fare il possibile. Oppure, al contrario, anche per sottovalutazione del problema e, invece di una terapia adeguata. A questo si aggiunge il ricorso al carcere, nonostante l’incompatibilità del detenuto con l’ambiente carcerario.