Un inseguimento su una strada statale, volanti delle forze dell’ordine che provano a speronare uno scuolabus impazzito per fermarlo e il conducente braccato che da fuoco al mezzo da cui sono appena fuggiti 51 ragazzini. Sembra la scena di un poliziesco americano ma è la sintesi di una mattinata di terrore a San Donato, periferia sud- est di Milano, dove Ousseynou Sy, 47enne italiano d’origine senegalese, ha preso ieri in ostaggio gli studenti di un pullman che gli è stato affidato dalle Autoguidovie di Crema.

Il suo compito è riportare in classe 51 ragazzi di una scuola media, dopo un’attività all’aperto, ma all’improvviso Ousseynou Sy cambia percorso e minaccia i passeggeri. «Andiamo a Linate, oggi da qui non esce vivo nessuno», dice, secondo quanto raccontano alcuni giovanissimi testimoni. «Vanno fermate le morti nel Mediterraneo», insiste.

Nessun ferito grave, per fortuna, ma tantissima paura: 12 studenti portati in ospedale in codice verde per un principio di intossicazione e qualche escoriazione, ma nulla di più. A evitare il peggio sono stati proprio i giovani ostaggi, che danno l’allarme contattando tempestivamente le famiglie tramite cellulare. Ne scaturisce un inseguimento con tre pattuglie dei Carabinieri. I militari riescono a fermare il mezzo, sfondare i finestrini posteriori, far uscire i passeggeri e immobilizzare l’autista. Che però aveva già avuto il tempo di incendiare lo scuolabus.

«È stato un miracolo, poteva essere una strage, sono stati eccezionali i Carabinieri sia a bloccarlo che a tirare fuori tutti i bambini», dice il procuratore di Milano, Francesco Greco, che annuncia l’apertura di un fascicolo per «strage e sequestro di persona, con l’aggravante del terrorismo», dice. «Volevamo interrogarlo subito ma ha delle ustioni a un braccio. Stiamo valutando tutte le ipotesi, anche quella del terrorismo», aggiunge Greco.

Sposato e separato con un donna italiana, Sy è cittadino italiano dal 2004, ha due figli di 12 e 18 anni, e qualche precedente penale per guida in stato di ebbrezza. Un dettaglio, quest’ultimo, che fa dire a Matteo Salvini: «Un senegalese con cittadinanza italiana al volante di uno scuolabus, con precedenti per guida in stato di ebbrezza e violenza sessuale, ha dirottato il mezzo e infine gli ha dato fuoco. È successo in provincia di Milano. L’uomo è stato arrestato. Voglio vederci chiaro: perché una persona con simili precedenti guidava un pullman per il trasporto di ragazzini?», si chiede il ministro dell’Interno. Il segretario del Carroccio fa sapere di essere già a lavoro per valutare la revoca della cittadinanza al protagonista dell’episodio, come previsto, del resto, dal decreto sicurezza firmato proprio da Salvini.

E sulla stessa lunghezza d’onda del titolare del Viminale è il commento senatore azzurro, Maurizio Gasparri. «Questa volta è andata bene grazie al solito, provvidenziale intervento delle forze dell’ordine che non ringrazieremo mai abbastanza», dice l’esponente di Forza Italia. «Ma cosa si aspetta per capire che non si può più andare avanti con la tolleranza ad occhi chiusi?», è la domanda di Gasparri, che però forse dimentica che protagonista del sequestro di San Donato non è un rifugiato politico ma un cittadino italiano a tutti gli effetti. «Mi domando, infatti, quali siano i criteri e chi abbia deciso che un senegalese, seppur con la cittadinanza italiana, ma forse questa è una ulteriore aggravante, con precedenti penali gravissimi, fosse designato come autista di uno scuolabus», prosegue il senatore berlusconiano.

Anche la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, approfitta dell’episodio di cronaca per attaccare gli avversari politici. «Questo signore giustifica il suo atto come gesto di solidarietà con i “fratelli migranti”», dice Meloni. «È il grande circuito del politicamente corretto e di quelli che ci hanno spiegato che, per sostenere l’accoglienza degli immigrati, si poteva fare qualunque cosa: non rispettare le leggi e le regole e probabilmente dare fuoco anche ad uno scuolabus», è il ragionamento della leader di Fd’I, che poi, come i suoi colleghi, si pone domande retoriche. «Mi chiedo se i grandi sacerdoti del politicamente corretto abbiano da dire qualcosa o se vogliono giustificare anche un gesto di questo tipo», insiste. «Mi aspetto le dichiarazioni di condanna di tutti quelli che ci hanno spiegato che, in nome dell’accoglienza, si poteva fare di tutto. Le aspetto con grande attenzione perché davvero siamo arrivati fuori e oltre il consentito», dice Meloni, commentando a modo suo un episodio su cui ancora si sa poco o nulla.