Come in tutte le gare, bisogna mettere nel conto sconfitte e rivincite, sorpassi e recuperi. Non può pertanto stupire più di tanto il recupero di Marco Travaglio, e del suo Fatto Quotidiano, su Massimo Giannini, e la sua Repubblica, nella lettura politica della tragedia della povera Imane Fadil. Pentito, forse, di avere in qualche modo graziato il Cavaliere riconoscendogli nei giorni scorsi che non aveva certo interesse a riaccendere i riflettori sulle sue traversie penali, Travaglio ha scritto che altri potrebbero avere ucciso o fatto uccidere la giovane per fargli un piacere. Come i fanatici o i servi di Mussolini fecero uccidendo Giacomo Matteotti. Imane e i complottisti, il controsorpasso di Travaglio su Repubblica

Come in tutte le gare, per carità, bisogna mettere nel conto sconfitte e rivincite, sorpassi e recuperi. Non può pertanto stupire più di tanto il recupero di Marco Travaglio, e del suo Fatto Quotidiano, su Massimo Giannini, e la sua Repubblica, nella lettura politica della tragedia della povera Imane Fadil: l’ex modella di origine marocchina morta avvelenata, salvo clamorose sorprese dalle indagini in corso alla Procura di Milano, prima che tornasse a testimoniare contro Silvio Berlusconi per corruzione in atti giudiziari sulla vicenda delle olgettine.

Pentito, forse, di avere in qualche modo graziato il Cavaliere riconoscendogli nei giorni scorsi che non aveva certo interesse a riaccendere i riflettori, se mai erano stati spenti, sulle sue traversie penali invischiandosi nella morte di una sua accusatrice, o sostenitrice comunque dell’accusa di avere corrotto testimoni, Travaglio ha scritto che altri potrebbero avere ucciso o fatto uccidere la giovane per fargli un piacere. Come i fanatici o i servi di Mussolini fecero uccidendo Giacomo Matteotti. O la mafia uccidendo il giornalista Mino Pecorelli, che aveva la brutta abitudine di occuparsi criticamente, diciamo così, di Giulio Andreotti. O la stessa mafia cercando di uccidere Maurizio Costanzo quando si mise in testa di dissuadere l’amico editore Silvio Berlusconi dal progetto, evidentemente caro ai criminali di Cosa Nostra, di mettersi in politica. O di scendervi, come il Cavaliere preferiva dire adottando il linguaggio sportivo della squadra e del giocatore che scende, appunto, in campo.

Tutto questo, ed altro ancora, compreso l’interesse sanitario di Marcello Dell’Utri, naturalmente “pregiudicato”, per la clinica dove è morta Imane, e dove lui voleva essere trasferito dal carcere dove scontava la condanna per mafia, il direttore del Fatto Quotidiano lo ha scritto in un editoriale dal titolo “I delitti eleganti”. Eleganti, naturalmente, come le famose e controverse cene di Arcore, “forse per qualcuno un filino indigeste”, secondo un’allusiva vignetta pubblicata qualche giorno fa sulla prima pagina sempre del Fatto.

«Ci è voluta la morte terribile di quella povera ragazza per riportare l’attenzione sul versante criminale del berlusconismo», ha scritto Travaglio per deplorare «la gran moda di rimpiangere il berlusconismo», appunto, «e rifargli la verginità in funzione anti-“populista”, descrivendo l’attuale governo - il primo deberlusconizzato della storia repubblicana - come il peggiore mai visto». E qui, puntuali e sonori, gli schiaffi di carta a Eugenio Scalfari, a Carlo De Benedetti, allo scrittore Sandro Veronesi e infine a Corrado Augias. Che «ancora l’altro giorno, su Repubblica, definiva il governo Conte ha protestato Travaglio riferendone in corsivo le parole - il peggiore della storia repubblicana, perché, sì, B. è amorale ( sic), ma non ha scardinato le strutture dello Stato: cosa che invece stanno facendo questi homines novi». Per cui «se la sola scelta possibile fosse tra un bandito consapevole e un fanatico ignaro di tutto sceglierei, tremando, il bandito», ha rinfacciato Travaglio ad Augias. Per fortuna dev’essere sfuggita al direttore del Fatto Quotidiano, o ai suoi brogliacci, una breve intervista della giornalista di origine marocchina ed ex deputata del Pd Souad Sbai, oggi presidente dell’associazione donne marocchine in Italia: un’intervista forse aggravata dalla circostanza di essere stata pubblicata lunedì 18 marzo dal giornale di Augias, e di Scalfari, oltre che di Massimo Giannini.

Memore, fra l’altro, di un «tentativo di avvelenamento con cristalli di acido» subìto nel 2010 «passando l’inferno», l’ex parlamentare parlando proprio della morte di Imane Fedil ha raccontato che «purtroppo da noi non è una novità, succede spesso. Ti fanno fuori con molto poco. Ti fanno bere una cosa che contiene una sostanza particolare, una specie di mercurio, cristallo di acido, inodore, che ti avvelena. Sembra una malattia che ti distrugge gli organi e ti uccide» . Sempre a proposito della morte di Imane, l’ex deputata del Pd, non di Forza Italia, anche se fra questi due partiti spesso al Fatto Quotidiano si immaginano legami e tentazioni, ha chiesto «alla magistratura italiana e anche al re del Marocco di fare chiarezza».

Incalzata dall’intervistatrice Alessandra Ziniti, la signora Souad Sbai ha detto: «Ci sono delle responsabilità che vanno ricercate nell’ambiente dell’alta diplomazia marocchina con cui Imane lavorava. Io seguo queste storie dal 2010. Di ragazze marocchine bellissime, come Ruby, come lei, in questi anni in Italia ne sono arrivate tante ed è facile immaginare a fare cosa. Incontri, filmini, ricatti. Non è successo solo a Berlusconi. Lui è conosciuto e la sua storia è venuta fuori, ma di persone di alto livello ne sono state ricattate e minacciate tante. Probabilmente Imane si era tirata indietro, era diventata un problema e l’hanno eliminata. Ma non c’è solo lei».

Non vorrei, francamente, che prima o dopo anche Souad Sbai, con queste idee che ha maturato sulla fine della povera Fadil, e con tutte le iniziative che ha raccontato di avere preso a livello giudiziario e diplomatico per vicende evidentemente analoghe a quella della povera Imane, finisse mediaticamente nel pentolone di quello che Travaglio ha definito «il versante criminale del berlusconismo».

Nel nostro Paese, ormai ad alta orologeria e dietrologia, può accadere davvero di tutto.