L’aveva promesso e l’ha fatto, anche perché la campagna per le presidenziali del 2020 è già iniziata e il tema dell’immigrazione è l’unico che gli può aprire la strada per la rielezione. Donald Trump si appresta a porre per la prima volta il veto presidenziale per ottenere i fondi necessari a costruire il Muro al confine meridionale con il Messico.

D’altra parte è l’unico stratagemma legale, dopo il voto con cui il Congresso ha bocciato la dichiarazione d’emergenza nazionale per la crisi alla frontiera meridionale. «L’emergenza esiste», ha detto ieri Hogan Gidley, uno dei portavoce della Casa Bianca, all’emittente Fox News.

La firma dell’atto dovrebbe mettere fine un braccio di ferro con il Congresso che si protrae da mesi e che tra dicembre e gennaio ha fatto piombare gli Usa nello “shutdown” proprio per la determinazio-ne di deputati e senatori nel ritenere inutile e propagandistica la costruzione della barriera.

Il Senato aveva infatti approvato una mozione già passata alla Camera per bloccare la dichiarazione di emergenza con cui il presidente intende stanziare 5,7 miliardi per costruire il muro.

Sono stati 59 i senatori favorevoli alla mozione, 41 i contrari. Questo significa che 12 repubblicani hanno votato con i democratici, una vera e propria fronda che restituisce il clima di alta tensione all’interno del partito.

Oltre all’opposizione democratica, diversi membri del Gop criticano aspramente la leggerezza con cui il tycoon ha decretato lo stato d’emergenza, prerogativa presidenziale impugnata soltanto per casi eccezionali, come gli attentati terroristici o le calamità naturali. E se c’è una cosa che le statistiche dimostrano è che il flusso migratorio dal Centroamerica verso gli Stati Uniti è in costante calo. Così in molti parlano apertamente di «abuso di potere», con i dem pronti a presentare una mozione di censura verso l’inquilino della Casa Bianca.

Considerando l’imminente veto di Trump, a questo punta alla Camera e al Senato servirebbe una maggioranza qualificata di due terzi per annullare il nuovo atto presidenziale e riportare la partita al punto di partenza.

Tuttavia una simile quota non appare raggiungibile anche prendendo in conto i crescenti malumori tra i repubblicani nei confronti di un presidente sempre più ingombrante e con sempre più nemici interni.