Il minore che faccia richiesta di riabilitazione speciale ha diritto a una valutazione, il più esaustiva e personalizzata possibile, degli indici favorevoli che possano essere espressione del suo percorso di riabilitazione. Solo dando conto di ciò, la motivazione della decisione del Tribunale di Sorveglianza per i minorenni si potrà considerare esaustiva. Questa è la decisione della Corte di Cassazione Sezione Prima, che, con sentenza numero 9425/ 2019, ha annullato con rinvio il provvedimento di rigetto del Tribunale di Sorveglianza per mancanza di motivazione. Secondo la Corte, il Tribunale non aveva dato spazio alla possibilità di un rinvio, pur essendoci alcune perplessità sull’allontanamento effettivo del minore dall’ambiente delinquenziale in cui aveva commesso il fatto che lo vedeva coinvolto nel reato associativo.

Il tema è quello della riabilitazione speciale prevista dall’art 24 Regio decreto legge 1404 del 1934 convertito in legge 835/ 1935: si tratta della norma la quale stabilisce che, per i fatti commessi dai minori degli anni 18 - sia in caso di condanna che di proscioglimento - è ammessa una riabilitazione speciale, che fa cessare le pene accessorie e tutti gli altri effetti preveduti da legge.

La Corte ha sorretto l’annullamento, facendo riferimento alla preminente funzione dell’istituto della riabilitazione speciale, che è quello di assicurare il pieno reinserimento in società del minore, condannato per fatti commessi da minorenne: la finalità dell’istituto in questione sarebbe, per la Corte, proprio quella di eliminare ogni effetto pregiudizievole della condanna e garantire un facile reinserimento dell’infraventicinquenne.

Per questo, gli aspetti speciali e la funzione della riabilitazione speciale sono, come osserva la Corte, resi evidenti anche dal fatto che la stessa procedura possa essere avviata d’ufficio e senza particolari formalità, così come dall’ampio raggio di valutazione delle circostanze favorevoli e dal maggior numero di effetti che la decisione porta con sé.

Questo favore del legislatore è rivolto infatti a consentire all’istante, proprio perché giovane e condannato per fatti commessi da minorenne, di reinserirsi più agevolmente con riguardo al percorso rieducativo e sociale. È la Corte che richiama a questo proposito l’irrinunciabile principio, che la Consulta aveva fatto proprio nelle diverse sentenze che si sono succedute ( numeri 46/ 1978, 78/ 1989, 143/ 1996, 182/ 1991, 128/ 1987, 222/ 1983), per cui il sistema della giustizia minorile sia caratterizzato dalla “prognosi individualizzata”, come richiesto dall’art 31 della Costituzione che si occupa di garantire la “protezione della gioventù”.

La riabilitazione speciale, così prevista, è infatti in linea con la garanzia costituzionale del diritto del giovane condannato ad avere una valutazione concreta in ragione della suprema finalità di salvaguardarne il reinserimento. A ciò si ispira la stessa legge, che autorizza il giudice senza formalità né termini, e riconoscendogli un vero e proprio potere dovere, a rinviare l’udienza (ovviamente senza andare oltre il venticinquesimo anno di età, nel caso il minore che avanzi la richiesta abbia compiuto i 18 anni, altrimenti il Tribunale di Sorveglianza per i minorenni non sarebbe più competente a decidere) se ritiene che la prova, per decidere dell’avvenuta rieducazione, appaia al momento non sufficiente per acquisire una conoscenza che invece, con un approfondimento, potrebbe essere più esaustiva per dare un ragionato conto della sua decisione.

Nel caso concreto, infatti, il Tribunale aveva rigettato l’istanza, senza alcun rinvio, osservando che al momento «non erano definitivi e palesi gli esiti di un percorso che richiederebbe un tempo maggiore per essere appropriatamente rilevato», pur tuttavia esprimendo una «certificata assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata» e riconoscendo al giovane gli «sforzi sinceri di un suo distanziamento dal passato delinquenziale, grazie all’adesione ad uno specifico progetto di emancipazione dedicato ai minori inseriti in famiglie di ‘ ndrangheta, all’allontanamento da quel contesto territoriale, alla volontà di avviare nel luogo di attuale residenza attività lavorative di natura autonoma».

D. A.