È molto difficile sintetizzare una vita così piena come quella del collega Sandro Canestrini, notissimo penalista di Rovereto, che si è spento lunedì scorso a 97 anni, in un ricordo forzatamente breve. Se volessimo sintetizzarla in tre parole, potrebbero essere coerenza, radicalità e lucidità.

Lo conobbi a metà degli anni ’ 70, all’interno del Soccorso Rosso, un’associazione informale di avvocati che si era data come compito quello di assistere gli imputati ( e soprattutto i detenuti) nei processi che definivamo politici. Io appena agli inizi della carriera e lui già con un significativo gruppo di casi penali alle spalle, spesso risolti brillantemente.

Allora aveva già assistito le due comunità di Erto e Casso, spazzate via dal crollo della diga del Vajont nel processo dell’Aquila. Poi seguirà le parti civili ( i morti furono 268) nel processo per il disastro di Stava del 1985 contribuendo in maniera determinante ad una decisione che ha fatto giurisprudenza in tema di colpa e che tuttora segna la via per un retto giudicare. Intanto si impegnò anche per gli obiettori di coscienza al servizio militare (allora obbligatorio): sia quelli che bruciavano le cartoline precetto che quelli che rifiutavano di pagare la quota di tassazione corrispondente alle spese militari.

Sempre in questa linea difese chi cercava di fermare i “treni della morte”; sia quelli che durante la prima guerra in Iraq portavano le armi americane sia quelli che portavano le nostre armi nell’ex Jugoslavia così alimentando anni di massacro fratricida. E intanto proseguiva nella difesa nei più importanti processi politici e per terrorismo.

Ma l’esperienza più importante da ricordare è la difesa dei “terroristi altoatesini”, come venivano chiamati gli indipendentisti sudtirolesi. Lo fece soprattutto nella prima fase, quella degli attentati contro le cose, vale a dire i tralicci dell’elettricità, e non contro le persone. Denunciò anche le torture che i detenuti avevano subìto nelle camere di sicurezza o in carcere, ma non trovò ascolto. Il fatto che un italiano difendesse i sudtirolesi, per di più considerati terroristi antitaliani, fu visto dalla comunità italiana come una cosa indicibile e imperdonabile.

Lo stesso suo partito di appartenenza fin dai tempi della guerra partigiana ( dove si era distinto sulle montagne prealpine), il Pci, prese le distanze e criticò aspramente questa scelta. Sul versante opposto, divenne una specie di idolo dei sudtirolesi, tanto che trovò la sua seconda amatissima moglie, Martha, proprio difendendo un sudtirolese. Grave errore del Pci, che non capì che il conflitto di allora fra l’Italia e la comunità sudtirolese andava risolto con razionalità e comprensione politica e non a furia di nuove leggi ad hoc e condanne. Sandro comprese allora che il processo poteva essere anche il luogo in cui il conflitto magari non si risolve, ma quanto meno si comincia a ricucire.

Il dissenso col Pci segnò anche la sua appartenenza politica. Rimase nel partito, ma criticandolo a fondo, per poi passare alla Nuova Sinistra- Neue Linke. Ma rimase comunista, sempre. Critico nei confronti non solo del regime staliniano, ovviamente, ma più in generale di tutte le esperienze di cosiddetto “socialismo realizzato”.

Le sue simpatie andavano verso chi lottava per socialismo e comunismo, come l’esperienza palestinese, piuttosto che verso chi credeva di averlo raggiunto e si sedeva sul potere conquistato. Per lui l’esperienza del potere quasi fatalmente conduceva alle peggiori storture. Questo pensiero segnò anche gli anni in cui fu consigliere comunale a Rovereto e consigliere regionale nel Trentino- Alto Adige.

Fu feroce verso chi, anche fra i suoi, secondo lui si approfittava – anche solo un pochino – della posizione raggiunta. In questo poteva apparire ostico, rispetto ad un contesto come quello italiano, e segnatamente quello legale degli avvocati, in cui il compromesso, la mediazione sembrano naturali. Per lui non lo erano affatto poiché in esso subodorava l’interesse personale e comunque la rinuncia a principi non mediabili. Conosceva e apprezzava la mediazione, purché fosse solo e sicuramente nell’interesse collettivo.

È così che proprio sul terreno dei diritti – e soprattutto dei diritti di chi ne è privo o quasi – Canestrini era più intransigente. Ogni sua difesa, pur non ignorando affatto le ragioni umane di vittime e di imputati, si muoveva sempre sul filo della salvaguardia dei diritti fondamentali. Con una coerenza estrema, quella di chi ogni giorno, anche nelle aule di tribunale, deve ritrovare e riaffermare i propri principi etici e politici. Ma anche con la lucidità di chi sa adoperare il diritto come una lama di cristallo. E per chi non sapeva attenersi a queste esigentissime regole, non risparmiava critiche: tanto più se erano colleghi nella professione o compagni nel percorso politico.

Oggi alle ore 17 al teatro del Mart di Rovereto, si terrà una cerimonia pubblica in ricordo dell’Avvocato Sandro Canestrini.

* AVVOCATO