Nessun contrasto con la Costituzione: la legge Merlin rimane così come è stata approvata dal Parlamento nel 1958, reati di favoreggiamento e induzione alla prostituzione inclusi. A stabilirlo, con una sentenza di rigetto che ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità, è stata la Corte Costituzionale. Secondo la Consulta, non è in contrasto con la Costituzione la «scelta di politica criminale» operata con la legge Merlin, quella cioè di «configurare la prostituzione come un’attività in sè lecita ma al tempo stesso di punire tutte le condotte di terzi che la agevolino o la sfruttino». Inoltre, ha ritenuto che il reato di favoreggiamento della prostituzione «non contrasta con il principio di determinatezza e tassatività della fattispecie penale».

La questione di costituzionalità della legge era stata sollevata nel corso del processo d’appello a Bari contro Gianpaolo Tarantini e altri, imputati di favoreggiamento e induzione alla prostituzione per aver portato escort alle “cene eleganti” in casa dell’ex premier Silvio Berlusconi. In primo grado, l’imprenditore pugliese era stato condannato a 7 anni e 10 mesi: ora, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, il processo d’appello riprenderà.

La Corte di appello di Bari aveva chiesto di stabilire se, di fronte al «fenomeno sociale della prostituzione professionale delle escort», definito come «un contesto operativo sgombro da costrizioni», il divieto di reclutamento e favoreggiamento sia o meno una violazione del «principio della libertà di autodeterminazione sessuale della persona umana; libertà che si estrinseca, nel caso delle escort, attraverso il riconoscimento del loro diritto di disporre della sessualità nei termini contrattualistici dell’erogazione della prestazione sessuale contro pagamento di denaro o di altra compatibile utilità».

a questione di costituzionalità, infatti, atteneva il potenziale contrasto della legge Merlin in particolare con gli articoli 2 e 41 della Costituzione, ipotizzando che la professione di escort, se svolta liberamente e in forza del principio di libertà sessuale garantito dalla giurisprudenza costituzionale, sarebbe paragonabile a quella di una libera professionista. Di conseguenza, chi si pone come contatto tra la escort e il cliente non sarebbe altro che un intermediatore in un rapporto tra privati, visto che in alcun modo sarebbe presente l’elemento della coercizione. Ergo, il reato di favoreggiamento della prostituzione sarebbe contrario alla Costituzione, perché comprometterebbe l’esercizio sia della libertà sessuale ex articolo 2 che della libertà di iniziativa economica ex articolo 41 della escort, colpendo colpendo condotte di terzi non lesive di alcun bene giuridico. La tesi della difesa di Tarantini è stata avversata da interventi ad opponendum di associazioni per i diritti delle donne che si sono costituite in giudizio e non ha convinto i giudici costituzionali, che in camera di consiglio hanno emesso una sentenza di rigetto. Le motivazioni saranno depositate tra qualche settimana e il legale di Tarantini, Nicola Quaranta ha dichiarato che le aspetterà perché «di certo, date le numerose memorie presentate alla Corte e la discussione in udienza pubblica che ha consentito di sviluppare ulteriori temi, saranno molto approfondite».

L’avvocato ha osservato che «L’Avvocatura dello Stato aveva chiesto di dichiarare inammissibili le questioni, mentre la Corte le ha dichiarate non fondate» e ha anche ricordato che l’Avvocatura «ha anche auspicato la possibilità di far interpretare al giudice di volta in volta i requisiti sulla base dei quali ritenere o meno sussistente la fattispecie di reato». La Consulta, dunque, salva la legge Merlin, che negli anni è stata oggetto di numerose pronunce della Corte. In particolare, con la sentenza 20528/ 10, aveva stabilito che la prostituzione tra adulti deve essere soggetta a tassazione, in quanto «attività lecita».

La pronuncia di ieri ha soddisfatto le associazioni di donne: «È un’importante vittoria per le donne e per la dignità della persona», ha dichiarato Rosa Oliva de Conciliis, presidente dell’Associazione “Rete per la Parità”. «La legge Merlin è un baluardo sul piano giuridico e la sentenza della Consulta lo conferma. Non si può lucrare sulla prostituzione come avveniva in Italia fino al 1958, prima che entrasse in vigore la legge. La prostituzione è un’attività che la legge Merlin consente sia esercitata senza terze persone che ne traggano vantaggi» .