Sono già due i comuni che hanno approvato l’ordine del giorno promosso dall’associazione Antigone contro la dotazione del taser al corpo di Polizia Locale. Una possibilità introdotta dal recente Decreto Salvini su sicurezza e immigrazione per le città con oltre 100.000 abitanti. Lunedì pomeriggio, dopo Palermo, è stata la volta di Torino ad approvare l’ordine del giorno. Parliamo della seconda importante città a guida cinque stelle. «Nelle settimane successive all’approvazione del Dl Salvini- dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - abbiamo inviato a tutti i sindaci e i consiglieri delle città con oltre 100.000 abitanti una proposta di ordine del giorno affinché non si dotassero gli agenti della polizia locale di quest’arma potenzialmente letale, come ci dimostrano le esperienze dei paesi dove è già in uso, dove oltretutto viene spesso usato come alternativa ad altri strumenti, quali il manganello, e non alle armi da fuoco». A Torino questa proposta è stata raccolta dai consiglieri del Partito Democratico Enzo Lavolta e di Torino in Comune– La Sinistra Eleonora Artesio, e condivisa dal Movimento 5 Stelle e dalla Sindaca Chiara Appendino. Alla fine i voti a favore sono stati 26. «Siamo felici che Torino abbia deciso di essere una città no taser – dice ancora Gonnella. Ci auguriamo che anche le altre città seguano questo esempio e, ancor di più, che questo sia un segnale affinché la sperimentazione del taser in dotazione alle forze dell'ordine, iniziata lo scorso settembre in dodici città, non si allarghi e venga anzi bloccata». L’ordine del giorno è già stato presentato a Milano, dalla consigliera di Milano Progressista Anita Pirovano, dove è in attesa di essere discusso. Ricordiamo che il taser da molti viene definita una ' pistola non letale', ma a partire dal 2000, anno di introduzione del taser, sarebbero stati circa 1.000 i morti a causa di questo tipo di pistola. Molti studi medici hanno certificato che per persone con precedenti disturbi neurologici o cardiaci la pistola taser ha rischi mortali. La stessa azienda produttrice americana è stata costretta ad ammettere che nello 0,25% dei casi c’è rischio di morte.

Così come il Garante nazionale delle persone private della libertà, nella sua ultima relazione annuale, ha ricordato come «l’utilizzo del taser possa essere giustificato solo in un ambito limitatissimo di casi e che, inoltre, si debba tener in debito conto che il beneficio derivante da un minor utilizzo delle armi letali è certamente controbilanciato da alcuni elementi negativi non trascurabili». E cita i potenziali rischi di abuso, derivanti proprio dalla sua pretesa non letalità; la sofferenza provocata dalla scarica elettrica alla quale è associato, oltre alla perdita di controllo del sistema muscolare, anche un dolore acuto; le ulteriori conseguenze di tipo fisico giacché la persona colpita dal taser normalmente rovina a terra e quindi può provocarsi lesioni alla testa o a altre parti del corpo. Nei casi più gravi, infine, la morte per arresto cardiaco o conseguenze, per esempio, sulla salute del feto nel caso di donne incinte. Ma per comprendere tutta la sua pericolosità, non bisogna andare lontano, ma – come già rivelato da Il Dubbio - leggere direttamente il manuale tecnico operativo della pistola taser, proprio il modello “X2” in dotazione presso la polizia, carabinieri e guardia di finanza. A pagina 7 c’è il capitolo dedicato all’aspetto sanitario. Si legge testualmente che «dopo il tiro è necessario controllare se la persona colpita abbia subito conseguenze lesive importanti, sia legate all’uso del taser che in conseguenza della caduta. Una volta posto in sicurezza il soggetto attinto, se fossero state colpite parti sensibili ( ad esempio organi genitali, testa, collo, etc.), dovrà essere richiesta l’assistenza di personale sanitario, senza procedere alla rimozione dei dardi». Ma non solo, c’è anche scritto che «in caso di persistente sanguinamento dai punti d’impatto, dovrà essere richiesta l’assistenza di personale sanitario procedendo, nel frattempo, al tamponamento della ferita con i dispositivi sanitari in dotazione. Il soggetto attinto dovrà essere osservato, con particolare attenzione allo stato di coscienza e nei casi in cui non sia responsivo dovrà essere richiesto l’intervento del personale sanitario assicurando, nell’attesa, l’assistenza di primo soccorso di base». Quindi parliamo di un’arma cosiddetta non letale, ma altrettanto pericolosa. Così pericolosa che a pagina 10 del manuale tecnico si raccomanda, prima di utilizzarla, di «considerate le eventuali e manifeste condizioni di vulnerabilità del soggetto da attingere come ad esempio un evidente stato di gravidanza o una chiara disabilità».