Hayabusa 2 è una sonda dell’agenzia spaziale giapponese JAXA che dal giugno 2018 è in orbita intorno a Ryugu, un piccolo asteroide ( ha un diametro di circa un chilometro) a forma di diamante in orbita intorno al Sole a una distanza media poco superiore a 149 milioni di chilometri. Hayabusa, che in giapponese significa «falco pellegrino», è una missione molto ambiziosa: la sonda, infatti, non si limita a studiare la superficie di Ryugu da lontano, ma ha anche il compito di prelevare piccoli campioni di suolo, depositarli in capsule sigillate e riportarli sulla Terra.

La quantità di informazioni che si possono ricavare analizzando dei minerali nei laboratori terrestri è enormemente superiore a quella ottenibile con un’analisi da remoto.

Ricordiamo che finora abbiamo campioni di rocce extraterrestri ( a parte ovviamente le meteoriti) solo della Luna, frutto del progetto Apollo negli anni ‘ 70, oltre a minuscole quantità di materiale prelevato da un’altra sonda giapponese, Hayabusa 1, sull’asteroide Itokawa nel 2005 e riportato sulla Terra nel 2010.

La missione è di conseguenza molto complessa. La sonda trasporta ben quattro piccoli rover, destinati allo studio in loco della superficie ( la conoscenza del contesto da cui provengono è fondamentale per l’analisi dei campioni); i rover, con dimensioni dell’ordine delle decine di centimetri, non hanno ruote e si muovono compiendo piccoli salti nel quasi inesistente campo gravitazionale dell’asteroide. Del prelievo dei campioni si occupa la sonda. Il 21 febbraio si è svolta la prima operazione di prelievo: la sonda si è abbassata fino a sfiorare la superficie dell’asteroide, ha sparato un proiettile di tantalio e ha poi raccolto del materiale dalla nube di detriti generata dall’impatto del proiettile con la superficie.

Altre operazioni di prelievo sono pianificate per i prossimi mesi, dopodiché, verso la fine del 2019, Hayabusa 2 si dirigerà verso la Terra e dopo un anno atterrerà in una base americana in Australia con i preziosi campioni. Molte immagini dell’asteroide a distanza ravvicinata, e della superficie ad altissima risoluzione, sono già state inviate a Terra.

L’asteroide Ryugu ( il nome deriva da quello di un mitico palazzo sottomarino nel folklore giapponese) è interessante da un punto di vista scientifico perché, come tutti gli asteroidi, e rappresenta quindi un campione dei numerosissimi oggetti solidi che popolavano il sistema solare 4 miliardi di anni fa.

Ryugu appartiene poi anche a una classe di asteroidi chiamati “Asteroidi Vicini alla Terra” ( in inglese Near Earth Asteroids o NEA), che non si trovano come la maggior parte degli altri tra Marte e Giove, ma hanno invece orbite che li portano assai più vicino alla Terra. Ryugu appartiene addirittura a un sottoinsieme di questa classe di asteroidi, quello degli “Asteroidi Potenzialmente Pericolosi” ( in inglese Potentially Hazardous Asteroids, PHA), attentamente monitorati dagli astronomi perché sono potenzialmente a rischio di impatto con il nostro pianeta. La distanza minima dell’orbita di Ryugu dall’orbita terrestre è, infatti, di soli 95400 chilometri ( per dare un’idea, la Luna si trova a 384400 chilometri dalla Terra).

Il rischio potenziale di impatto deriva dal fatto le orbite di oggetti di massa così piccola potrebbero essere facilmente modificate dall’interazione gravitazionale con i corpi ben più grandi vicino a cui si trovano a passare. Sono state proposte varie tecniche di deflessione che consentirebbero di deviare l’orbita di un asteroide in rotta di collisione con la Terra, anche se almeno per il prossimo centinaio di anni non c’è alcun impatto previsto. Fondamentale sarebbe però, se si dovesse in futuro ricorrere a una tecnica di deflessione dell’orbita, avere la conoscenza più approfondita possibile della composizione e struttura di questo tipo di asteroidi: questo è un altro dei motivi che spiegano l’interesse per lo studio dei corpi celesti come Ryugu.

Per finire, un’ulteriore motivo di interesse per gli Asteroidi Vicini alla Terra è costituito dal fatto che possono essere considerati come una possibile fonte di risorse. Gli asteroidi sono, infatti, ricchi di materiali, metalli in particolare, come ad esempio ferro, nichel, cobalto e perfino platino, preziosi per l’industria e spesso scarsi o in esaurimento nella crosta terrestre.

E’ quindi possibile ipotizzare un futuro non troppo lontano in cui sia fisicamente, e soprattutto economicamente, sostenibile lo sfruttamento minerario di un asteroide.

Ci sono già da vari anni aziende, concretamente interessate alle risorse minerarie degli asteroidi, che discutono e sviluppano, con la collaborazione della comunità scientifica, piani per l’individuazione degli asteroidi più promettenti e per la progettazione e lo sviluppo delle tecnologie necessarie al loro sfruttamento.

Maria Teresa Capria