Assolto nonostante abbia depositato centinaia di sentenze con anni di ritardo. E’ questa la linea del nuovo Csm che emerge dalla prima pronuncia della sezione disciplinare. Una grande discontinuità con il passato, quando era sufficiente che il giudice depositasse una sola sentenza con un anno ritardo per uscire da Palazzo dei Marescialli con una condanna.

Questi i fatti. Un giudice civile di un importante Tribunale dell’Italia centrale impiega anni per depositare i suoi provvedimenti. Alcune sentenze vengono depositate addirittura dopo oltre cinque anni. Lo stesso periodo di tempo impiegato da Tolstoj per scrivere il romanzo capolavoro del Novecento, Guerra e pace, o da uno studente per conseguire la laurea in giurisprudenza. La situazione viene segnalata dal presidente del Tribunale, il quale evidenzia come il suo giudice non riesca proprio a depositare le sentenze rispettando i tempi. E ciò nonostante avesse condiviso con il diretto interessato un programma di smaltimento dell’arretrato.

Il capo dell’Ufficio, infatti, vista la situazione fuori controllo, dopo aver esonerato il magistrato ritardatario dalla partecipazione alle udienze dove non fosse relatore e dalla decisione dei reclami cautelari, aveva concordato con lui una tabellina di marcia: depositare in un mese cinquanta sentenze e quaranta ordinanze, per un totale di tre provvedimenti al giorno. Tutto inutile. Dopo appena qualche mese il crono programma salta e l’obiettivo non viene raggiunto. Da qui, dunque, l’inevitabile avvio del procedimento disciplinare.

Secondo il procuratore generale della Corte di Cassazione, il magistrato ritardatario avrebbe violato con la sua condotta i doveri di «diligenza e laboriosità», determinando «un’evidente lesione del diritto del cittadino ad una corretta e sollecita amministrazione della giustizia con conseguente compromissione del prestigio dell’Ordine giudiziari», nel quinquennio 2012- 2016. Un particolare. Il magistrato ritardatario è recidivo, essendo stato già condannato per avere dal 2007 al 2012 depositato, sempre con ritardo di anni, altre centinaia di sentenze.

«Ritardi gravi ed ingiustificati prosegue il pg - nonché pregiudizievoli del diritto della parti ad ottenere la definizione in tempi ragionevoli del processo secondo quanto previsto dall’art. 111 co 2 della Costituzione e 6 CEDU». Il Csm, come detto, al termine dell’istruttoria ha assolto il giudice ritardatario. La decisione del Csm parte da una premessa: sono tollerati, secondo giurisprudenza costante, ritardi superiori al triplo del temine legale. Una sorta di “extrabonus” temporale che il giudice può quindi spendersi prima di essere sanzionato. Oltre a ciò, tralasciando alcune sentenze, la maggior parte dei ritardi si concentrerebbero nel deposito delle “ordinanze istruttorie”. E questo, a dire del Csm, non costituirebbe illecito disciplinare.

A far pendere la bilancia in favore del giudice, poi, il fatto che negli anni «non c’è stato alcun avvocato che si sia mai lamentato della gestione del ruolo del magistrato», ed alcuni motivi personali, come il ricovero di un familiare per dieci giorni in un ospedale, che gli avrebbero impedito il rispetto dei tempi. Di diverso parere il procuratore generale che ha impugnato la sentenza davanti alla Sezioni unite civili della Cassazione. Varie le questioni d'appello. E’ irrilevante il fatto che gli avvocati non abbiano mai protestato contro il giudice «in quanto l’illecito tutela il regolare corso della giustizia ed in principi del giusto processo». Sui motivi personali, comprensibilissimi, «il giudice poteva ricorrere a periodi di congedo o aspettativa». Tali periodi di criticità, però, devono essere transitori ed eccezionali e non, come in questo caso, di durata ultra decennale. La decisione della Cassazione è attesa dopo l’estate