È guerra tra tonache in Sicilia. Da un lato quella di don Luigi Ciotti, artefice e guida di Libera, l’associazione che gestisce l’impero dei beni sequestrati alla mafia; dall’altro quella di don Michele Crociata, parroco in pensione di Castellammare del Golfo, ameno paesone in provincia di Trapani. La scintilla l’ha attizzata don Ciotti quando si è visto negare un teatro comunale per un incontro pubblico: «Se per tanto, troppo tempo la mafia ha potuto proliferare e radicarsi in maniera così perversa forse è anche grazie ai tanti don Michele Crociata».

Un’accusa inaspettata e singolare visto che il povero don Crociata prega e lavora in Sicilia mentre il teatro negato è quello di Oderzo, piccolo e remoto borgo del Trevigiano. Ma evidentemente don Ciotti covava quello sfogo da troppo tempo.

Fatto sta che il prete trapanese non solo non ha abbozzato ma, inforcate le lenti da presbite e impugnati mouse e tastiera, si è lanciato in un lungo e piccato post su Facebook. «Io, al posto di Ciotti, preferirei fare il prete invece di andare in giro a fare il politico», ha scritto infatti don Michele, al quale le falangi di Libera non perdonano l’amicizia con Mariano Saracino, un presunto boss locale - un boss minore per la verità - finito ai domiciliari con l’accusa di estorsione. Ma don Michele, bontà sua, non ha mai nascosto quella sua frequentazione e nel post ha deciso di rivendicarla: «Non sono mica un carabiniere, sono un prete. Unicuique suum. “A ciascuno il suo…”», ha concluso citando Sciascia.

Insomma, il sacerdote siciliano è convinto che la cura delle anime “perdute” - già, soprattutto quelle perdute - sia il primo dovere di un prete: «Sapete perché incontro quella persona condannata? - ha infatti spiegato - Per indurlo a un ripensamento. Anche lui è un figlio di Dio. È una cosa normale. Se fossi un carabiniere è chiaro che agirei diversamente. E sta andando bene. Sono la frequenza e la qualità degli incontri che con il tempo possono indurre a un ripensamento o a una riflessione. È un lavoro molto lento e incerto».

E don Michele è così convinto di quello che dice da difendere anche il collega che ha celebrato il funerale di Tommaso Spadaro, un padrino vero, il cosiddetto “re della Kalsa”, anche se lui preferiva presentarsi come il Gianni Agnelli di Palermo. «Negli ultimi anni - spiega infatti don Michele - questa persona aveva fatto un cammino spirituale quindi non vedo il motivo di non celebrarlo.

Tutti siamo figli di Dio, anche quelli che commettono cose brutte e grosse». E in effetti, pur essendo considerato un irriducibile di Cosa nostra, Spadaro in carcere si era laureato in filosofia con 110 e lode e con una tesi su Gandhi e la non violenza.

Fatto sta che Libera non ha mollato la presa, e di fronte alle repliche di don Michele ha rilanciato i sospetti. Ai discepoli di don Ciotti non piace infatti quel modo “troppo discreto” con cui il prete di Castellammare del Golfo si reca a casa del boss: «Don Michele - spiegano - sembra usare l'espressione ' con discrezione' come sinonimo di ' prudentemente', o ' senza dare troppo nell'occhio', quasi ' a volersi muovere dietro le quinte'». Insomma, l’allusione di Libera, per quanto discreta e prudente, è fin troppo chiara: don Michele si muove nell’ombra e nel silenzio come fanno i mammasantissima. Ma lui proprio non ci sta: «Io non sono giudice del mio prossimo, quelli di Libera hanno una mentalità e una cultura di tipo giacobino e demonizzano tutti quelli che la pensano diversamente. Ciotti non fa nulla di brutto, di cattivo, ma io penso che un prete deve svolgere altro». E poi di nuovo l’attacco all’eccessiva intraprendenza politica di don Ciotti: «Noi ecclesiastici rispondiamo ai dettami della chiesa, la politica risponde al sentire comune. Un prete non può andare in giro per l'Italia facendo politica. Deve invece operare nella propria diocesi come cooperatore del suo vescovo. Ciò che ormai da molti anni don Ciotti non fa».

In attesa che il buon Dio illumini il cammino dell’uno e l’altro, don Michele è tornato a casa del boss, perché lui, come direbbe Sciascia e come ha provato a spiegare a don Ciotti, è convinto che la politica sia tempo perso «e chi non se ne rende conto o è cieco o ci trova il suo interesse». Dunque, a ciascuno il suo...