Si muore ancora tra le fiamme nella baraccopoli di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria. E dopo Surawa Jaiteh, il ragazzo gambiano che ha perso la vita in un rogo a dicembre, nella notte è toccato ad Aldo Diallo, giovane senegalese di 25 anni, fare la stessa fine atroce. L'ennesima tragedia annunciata, all'interno di un campo che non dovrebbe esistere, a pochi passi dal porto di Gioia Tauro: senza servizi igienici, senza elettricità e senza gas, come avevamo documentato solo due mesi fa. Le fiamme questa volta hanno divorato 15 baracche. Quasi tutti gli occupanti son riusciti a fuggire in tempo e mettersi salvo. Tranne Aldo Diallo, il cui corpo è stato ritrovato all'interno della sua abitazione fatta di legno, cartone, lamiere e teli plastica, come tutte le "casette" di questa baraccopoli - nata alla luce del sole, accanto a un accampamento "ufficiale" - in cui si rifugia l'esercito di braccianti stagionali della Piana di Gioia Tauro. Raccolgono mandarini, arance, kiwi, olive. O puliscono i terreni dei piccoli proprietari locali. In poco più di un anno sono già 4 i migranti di San Ferdinando che hanno trovato la morte. Il 27 gennaio del 2018, Becky Moses, nigeriana di 26 anni perde la vita in un incendio doloso appiccato da un’altra donna, arrestata mesi dopo dalla Polizia. Il 2 giugno dello stesso anno Soumaila Sacko, 29 anni, cittadino del Mali, sindacalista dell’Usb, viene ucciso da una fucilata mentre all’interno di una fornace in disuso cerca lamiere da utilizzare per costruire una baracca. Il dicembre scorso un altro incendio uccide il  Surawa Jaiteh. Perché l'unico modo per scaldarsi nelle notti d'inverno sono le fiamme libere di un braciere che facilmente, in mezzo al cartone e alla legna, si trasforma in un'arma pericolosissima. «L’intervento delle forze dell’ordine e dei Vigili del Fuoco è stato immediato ed ha scongiurato conseguenze più gravi», dice il prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari. «L’obiettivo è la completa attuazione di quanto concordato in prefettura con il coinvolgimento della Regione e di altri enti, e cioè l’accoglienza diffusa dei migranti con il definitivo superamento della baraccopoli. Abbiamo già trasferito 15 famiglie rimaste senza tetto», spiega. Per la segretaria generale della Flai Cgil, Ivana Galli, «il nodo del problema è nella condizione lavorativa e abitativa di tanti giovani stranieri impiegati nel lavoro agricolo nella Piana di Gioia Tauro, che vengono sfruttati e sottopagati e non posso permettersi nulla di più di una baracca alla tendopoli. Torniamo a chieder che le istituzioni intervengano con piani adeguati e soluzioni che la normativa consente», denuncia la sindacalista. «Altrimenti periodicamente saremo a piangere per giovani vite spezzate, ragazzi che conosciamo, che incontriamo per informarli e aiutarli nel chiedere un lavoro giusto e non sfruttato. Ora basta serve intervenire, non abbiamo bisogno di commissioni. Saremo a SanFerdinando per chiedere di smetterla con chiacchiere dolose», conclude.