Il governo deve ancora chiarire la propria posizione nell'incontro che domani dovrebbe concludersi con la firma dell'accordo sulla cosiddetta ' autonomia separata' di tre Regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia- Romagna. La trattativa era stata avviata un anno fa dal sottosegretario Bressa, governo Gentiloni. Lombardia e veneto chiedono l'attribuzione esclusiva in tutte le 23 aree di competenza previste dall'art. 117 della Costituzione e sinora considerate ' materie concorrenti' tra governo centrale e governi regionali. L'Emilia- Romagna era partita dal chiedere l'attribuzione di 9 aree di competenza, già lievitate a 15. Ma è improbabile che la Regione a guida Pd non chieda di essere uniformata alle due leghiste ove a queste venisse concessa la competenza esclusiva su tutte le aree. E' già certo che, se l'accordo verrà firmato, altre Regioni chiederanno lo stesso trattamento: Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Marche hanno già avanzato richieste, pur se meno estreme in questo senso.

Il pre- accordo siglato da Bressa, con ciascuna delle tre Regioni e separatamente, abbraccia un arco di tempo decennale, passibile però di modifica in qualsiasi momento in caso di accordo in questo senso tra Stato e Regioni, e riguarda cinque materie che dovrebbero diventare competenza esclusiva delle tre Regioni. Non sono secondarie, trattandosi di lavoro, istruzione salute ambiente e rapporti internazionali inclusi quelli con la Ue. Ma Veneto e Lombadia non hanno alcuna intenzione di accontentarsi: «Non firmeremo accordi al ribasso», ha chiarito ieri il governato del Veneto Zaia, specificando che l'autonomia deve riguardare tutte e 23 le aree consentite dalla Carta. I governatori godono del pieno appoggio della ministra Erika Stefani, leghista, e della Lega, che ha fatto inserito nel contratto di governo la legge sulle Autonomie e considera la riforma assolutamente irrinunciabile. I 5S la pensano diversamente, soprattutto perché penalizzerebbe quel sud che costituisce oggi il loro principale bacino elettorale. Ma si può scommettere a colpo sicuro sul fatto che in materia Salvini non arretrerà di un millimetro.

Il passaggio delle competenze esclusive su una simile massa di materie comporta un'alterazione massiccia nella divisione degli introiti fiscali tra governo e Regioni.

La pre- intesa prevede che, entro un anno, venga superata la ripartizione basata sulla «spesa storica», cioè sul calcolo delle spese degli anni precedenti, per passare al parametro della ' spesa standard', quello cioè che indica il costo dei servizi ' nelle migliori condizioni di efficienza e appropriatezza'. Uno degli elementi fondamentali per determinare il ' fabbisogno standard' sarebbe ' il gettito dei tributi maturati nel territorio regionale'.

Di fatto i 9 decimi del gettito delle regioni ricche dovrebbe restare in quei territori, invece di essere redistribuito a favore dell'intero Paese. E' questa la vera posta in gioco nella partita sull' ' autonomia separata' ed è una posta infinitamente più rilevante delle materia che hanno fornito l'argomento per it titoloni di prima pagina nell'ultima anno, Tav, Quota 100 e RdC inclusi. Veneto e Lombardia chiedono inoltre la gestione totale delle infrastrutture stradali e autostradali e degli aeroporti. L' ' ente concedente', con relativi introiti, diventerebbe quindi la Regione.

Si tratterebbe, come ha scritto Giancarlo Viesti, di una vera e propria «secessione dei ricchi». Verrebbe introdotta di fatto una distinzione tra italiani di serie a, che goderebbero di servizi molto migliori a tutti i livelli ma soprattutto sui fronti della sanità e dell'istruzione, e italiani di serie b. Il sistema dell'istruzione, peraltro, ne uscirebbe completamente modificato, con assunzioni basate sui criteri stabiliti dalle Regioni tra i quali figurerebbe certamente la residenza.

La riforma, pur essendo di immensa portata, non dovrebbe neppure essere discussa dal Parlamento e tantomeno emendata. Conte ha già detto di volersi prendere un mese per riflettere, dopo l'eventuale firma dell'accordo domani. Poi il Parlamento voterà, a maggioranza assoluta e non relativa, ma solo per ratificare.

Trattandosi di un'intesa tra Stato e Regioni il governo intende infatti appellarsi all'art. 8 della Costituzione e limitare il ruolo del parlamento alla ratifica. Il che, trattandosi di una riforma incisiva quanto e più di una revisione della carta, può in effetti suonare almeno un po' strano.