Il lunghissimo procedimento disciplinare a carico di Michele Emiliano si è concluso con l’ammonimento, la pena più blanda prevista per gli illeciti commessi dalle toghe. Una sanzione che non impedirà ad Emiliano, terminata l’esperienza politica, di concorrere per qualche incarico di vertice in magistratura. La sentenza è stata emessa ieri mattina dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

Il presidente della Regione Puglia, toga fuori ruolo, era accusato di essersi iscritto al Pd in contrasto con quanto indicato nelle norme che vietano ai magistrati l’appartenenza ad un partito politico.

L’iscrizione di Emiliano al Pd risale al 2007.

Solamente ad ottobre del 2014, dopo un’istruttoria durata undici mesi, il procuratore generale della Corte di cassazione aveva però chiuso le indagini sul magistrato pugliese, chiedendo al Csm la fissazione dell’udienza di discussione.

Era stato sollevato anche il conflitto di legittimità davanti la Corte costituzionale relativamente alla citata norma, il dl 109 del 2006, che vieta appunto ai magistrati l'iscrizione ai partiti politici. La questione di legittimità costituzionale era stata ritenuta infondata con la sentenza 170 del 4 luglio 2018, che aveva confermato il divieto di iscrizione ad un partito sia per i magistrati in servizio che per quelli, come Emiliano, fuori ruolo.

Appresa la decisione della Consulta, Emiliano aveva subito dichiarato di non più voler più rinnovare la tessera del Pd una volta scaduta. Una decisione «dolorosa ma inevitabile», affermò a caldo.

Con il mancato rinnovo dell'iscrizione al Pd, Emiliano era stato immediatamente escluso dall'Assemblea e dalla Direzione nazionale dem.

Nel 2017 Emiliano aveva addirittura sfidato Matteo Renzi, candidandosi senza successo alla segreteria nazionale del Pd. Il collegio giudicante era presieduto dal laico del M5s Fulvio Gigliotti, in sostituzione del vice presidente del Csm, David Ermini ( Pd), che per motivi di opportunità aveva deciso di astenersi. Ad assistere Emiliano Armando Spataro, ex procuratore di Torino. Sul fronte legislativo, del disegno di legge in materia di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati, ripresentato ( il dl venne depositato la prima volta nel 2001, ndr) la scorsa primavera dal forzista Pierantonio Zanettin, ex consigliere del Csm, si sono invece perse le tracce in Parlamento. «Il buffetto dato oggi dalla sezione disciplinare del Csm a Michele Emiliano non risolve il problema fra politica e magistratura», ha dichiarato Antonio Leone.