«Quanto durerà? Considerando i protagonisti, temo abbastanza». È pessimista Jean- Marie Colombani, giornalista e saggista, tra i fondatori di Slate. fr storico direttore di Le Monde quando gli chiediamo se vede una soluzione alla crisi diplomatica esplosa giovedì scorso tra Parigi e Roma. E dopo che, per «accuse reiterate», «attacchi senza fondamento» e «dichiarazioni oltraggiose» il ministro degli esteri francese ha ritirato l’ambasciatore Christian Masset.

È di ieri la conferma che l’ambasciatore tornerà a Palazzo Farnese «a tempo debito». A che punto siamo di questa inedita battaglia diplomatica? Certamente è una crisi grave: per trovarne una analoga bisogna risalire ai peggiori anni bui del xx secolo ed è davvero spiacevole per la Francia e ancora di più per l’Italia, che certo da un simile atteggiamento ha molto più da perdere che da guadagnare. Quale alternativa avrebbe al di fuori di una relazione stretta con la Francia nell’Unione europea: diventare un satellite della Russia? Fare come Viktor Orban e mettersi sulla scia di Putin? È assurdo anche perché questa situazione è frutto di considerazioni determinate esclusivamente dalla politica interna che si riflettono su entrambi i paesi.

A cosa si riferisce? Tutti hanno capito bene qual è il gioco di Matteo Salvini e con quale profitto, visto che ha appena vinto le elezioni in Abruzzo e non può che felicitarsene. Ma il nuovo governo ha portato l’Italia in recessione, cosa che non accadeva da tempo, e lo ha fatto attuando misure non sufficienti e andando a cercare un capro espiatorio, la Francia di Emmanuel Macron quando avrebbe potuto agire in maniera diversa e scegliere atteggiamenti non violenti. Il fatto che Di Maio sia venuto ad incontrare non i Gilet jaunes ma uno dei leader dei Gilet jaunes ( Chalençon, ndr), il peggiore, che incita al colpo di stato militare e chiede che i generali prendano il potere e il fatto che lo abbia fatto solo perché in competizione elettorale con Salvini è evidentemente assurdo e irresponsabile.

Tra italiani e francesi c’è un rapporto che oscilla tra antichi risentimenti e passioni altalenanti. Cosa pesa oggi su questa relazione le scelte del passato o gli atteggiamenti più recenti? Vede, in passato sono state fatte scelte anche errate. Prendiamo l’accordo con Fincantieri: Macron l’ha riconsiderato più per rivalsa nei confronti di Hollande che in risposta all’Italia e anche in quel caso la politica interna ha pesato sulle relazioni bilaterali. Oppure la politica che Parigi mette in atto alle frontiere, a Mentone per esempio, che è eccessivamente dura. Potrei fare un elenco di torti che un paese ha fatto all’altro su questioni che solitamente si gestiscono in parità, senza polemiche o scandali. Oggi però si è andati oltre: quello che trovo disastroso è che Salvini e Di Maio sono riusciti a creare negli italiani un sentimento anti- francese il che è assurdo in questo momento. Nessuno dei nostri paesi resisterà nel mondo che stiamo costruendo se l’Europa non si rafforzerà e questo non può accadere se si resta su piani differenti: è una constatazione storica e l’Italia, come la Francia, non deve trascurare il suo ruolo nel cuore dell’Unione. Ma non è rivoltandosi contro la Francia che le cose miglioreranno.

A cento giorni dalle elezioni europee bisogna credere che questa situazione sia davvero il frutto di strumentalizzazioni a fini elettorali? È una delle accuse che il Quai d’Orsay muove all’Italia... Certo, sono strumentalizzazioni che continueranno fino al voto europeo. Salvini e Di Maio sono all’interno di una battaglia elettorale e penso che ritengano si debba continuare così.

Quali tracce resteranno di questo affaire? Non saprei ma spero sinceramente che non ce ne siano. Mi auguro davvero che le persone apprezzino quello che c’è tra i nostri due paesi e spero che non si faccia ulteriormente largo questo movimento di opinione anti- francese. Bisogna risalire al 1400 o al 1500 per trovare qualcosa di simile. Spero che la saggezza prenda il sopravvento ma purtroppo questo non è un periodo in cui c’è molto spazio per questo: siamo in un’epoca di irrazionalità e di demagogia e questo è spaventoso.

Dunque qual è oggi l’urgenza per la Francia? Risolvere la crisi con i Gilet jaunes? E quale per l’Italia? La priorità della Francia è innanzitutto trovare una via d’uscita a questa rivendicazione che è sempre più malsana perché sta generando risentimenti e atteggiamenti antisemiti, appelli alla violenza, odio per il sistema repubblicano come negli anni Trenta. Il grand débat ( il dibattito nazionale lanciato dal presidente Macron, ndr) può aiutare a uscire da questa situazione perché permette di dimostrare che discutendo si possono risolvere i problemi, che la democrazia è la risposta, non la violenza. Sfortunatamente, questo è un cammino molto molto lento. Quanto all’Italia, deve quanto prima ritrovare una gestione corretta che la possa rimettere sui binari: non è su questo che si era scommesso e che il vostro paese sia in recessione non è normale.