Ci sono leggi che nascono prima della legislatura. La proposta che elimina il rito abbreviato per i reati da ergastolo è un esempio classico. Spinta dalla Lega nella legislatura precedente, contrastata da altri nel centrodestra, soprattutto Forza Italia, la norma è stata depositata pochi giorni dopo l’insediamento delle nuove Camere, il 27 marzo dell’anno scorso, dal suo “padre putativo”, l’attuale sottosegretario all’Interno Nicola Molteni. A novembre la legge ha avuto il via libera di Montecitorio, ora è nelle mani della commissione Giustizia del Senato. «Non ci saranno particolari ostacoli», spiega al Dubbio Andrea Ostellari, che della commissione Giustizia di Palazzo Madama è presidente e che è anche relatore della proposta di legge. «A mio giudizio non sarebbe il caso di ripetere qui al Senato le audizioni già svolte alla Camera: di fronte all’insistenza delle opposizioni potrei decidere di prevedere comunque una mezza giornata di audizioni, il che però non cambia la mia previsione di un via libera senza modifiche». Vorrebbe dire che l’intervento sugli articoli 438 e 442 del Codice di procedura penale sarebbe legge dello Stato forse già per fine marzo, in ogni caso prima di Pasqua. Cosa succede con questo testo di appena 5 articoli? «Non è più possibile accedere al rito abbreviato nei procedimenti in cui si è accusati di quei reati, gravissimi, puniti appunto con l’ergastolo», dice Ostellari. Non sarebbe più possibile ottenere la commutazione dal fine pena mai a 30 anni di reclusione ( previsione “speciale” per i reati da ergastolo: per tutti gli altri lo sconto è di un terzo della pena). Con un simile intervento si sacrifica un meccanismo deflattivo importante del nostro sistema processuale. E lo si fa in modo da contravvenire al principio del fine rieducativo della pena fissato all’articolo 27 della Costituzione. «Ma nel nostro sistema penale», controbatte Ostellari, «il principio della rieducazione, che ne è sicuramente un pilastro, va coniugato con il principio che assegna alla sanzione penale una efficacia preventiva: se so che un certo gravissimo delitto mi procura una pena così dura come l’ergastolo, e se so di non poterle sfuggire neppure in cambio della rinuncia a contestare la prova in dibattimento, si crea una deterrenza più efficace».

Il punto è che il potenziamento dei riti alternativi è una delle proposte destinate a finire sul “tavolo” della riforma del processo. Unione Camere penali e Anm sono pronte a presentarsi con un pacchetto condiviso di interventi il prossimo 13 febbraio, giorno in cui avvocati e magistrati sono attesi a via Arenula dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. La piattaforma comune, rilanciata lo scorso fine settimana da Ucpi e Anm in un incontro organizzato dalla Camera penale di Bologna, ruota attorno ad altri due cardini: maggiori poteri al giudice dell’udienza preliminare e depenalizzazione. «Con una proposta di legge come quella che elimina l’abbreviato per i reati da ergastolo si va in una direzione sbagliata», sostiene Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere penali. «In un modello accusatorio come il nostro i riti alternativi hanno un ruolo determinante, che appunto andrebbe rafforzato, visto che finora i meccanismi premiali non hanno consentito un effetto deflativo sufficiente sulla macchina del processo». Con la legge cara alla Lega, insomma, si compie una scelta di politica penale che contraddice gli auspici di Ucpi e Associazione magistrati, proprio alla vigilia di un passaggio importante come il confronto sulla delega che dovrebbe «ridurre i tempi morti del processo», secondo gli intenti del ministro.

«Ma questo conflitto non c’è», ribatte Ostellari, «perché la politica penale è costituita anche da obiettivi distinti fra loro che possono essere perseguiti insieme. Da una parte», osserva il presidente della commissione Giustizia del Senato, «è doveroso rivedere il rito penale in modo da assicurare tempi rapidi, e salvaguardare così i diritti di difesa dell’imputato: la delega sul penale guarda a questo. Ma con la legge sull’abbreviato noi intendiamo rafforzare l’efficacia preventiva della pena solo ed esclusivamente per reati gravissimi rispetto ai quali si impone una scelta». Di che tipo? «Di politica del diritto, appunto: lo Stato», dice Ostellari, «deve scegliere a quale attesa di giustizia rispondere. Noi riteniamo prioritario salvaguardare le vittime dei delitti più gravi. A loro, o ai loro familiari, sarebbe difficile dire che chi ha commesso nei loro confronti un delitto punito con l’ergastolo ha ottenuto una riduzione di pena in virtù della funzione rieducativa di quest’ultima» . Il nodo arriva d’altra parte con quelle fattispecie per le quali scatta l’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, cioè per quegli ergastoli “ostativi” che negano in radice qualsiasi spiraglio di speranza e quindi di reinserimento. «Ma questo», per Ostellari, «è un problema che non va affrontato con una legge come quella sull’abbreviato: si può intervenire appunto sull’ordinamento penitenziario».

Va detto, come fa notare Caiazza che «già oggi l’accesso al rito abbreviato non determina in modo automatico l’esclusione dell’ergastolo: se il giudice ritiene che la pena da infliggere dovrebbe essere l’ergastolo con isolamento diurno, la commutazione resa possibile dal ricorso all’abbreviato consiste semplicemente nell’eliminazione dell’isolamento diurno, ma l’ergastolo in sé resta». Non a caso tale aspetto è richiamato anche nella relazione introduttiva al testo ora all’esame del Senato. Ma a preoccupare Caiazza è appunto «il fatto che una modifica simile non sarebbe coerente con la prospettiva di un rafforzamento del modello accusatorio: indebolire i riti alternativi è in contrasto con un’idea di riforma sistematica e coerente».

Se ne parlerà la settimana prossima a via Arenula tra governo, avvocati e magistrati. Ma contemporaneamente sarà difficile immaginare frenate a Palazzo Madama sulla legge voluta dalla Lega.