Completo blu Caraceni, stavolta probabilmente anche con gilet azzurro sopra, profumo di Antaeus di Chanel, tra i suoi preferiti, contro felpe, ruspe, divise varie delle forze dell’ordine, portate come testimonial. L’Italia borghese di self made man del ceto medio e medio alto che 25 anni fa si ribellò alla storia già scritta di un governo postcomunista; l’Italia impoverita e arrabbiata di oggi che trova nella lotta all’immigrazione il suo ultimo baluardo per sentirsi ancora viva e chissà forse continuare a sognare. Et voilà: Silvio Berlusconi contro Matteo Salvini. Ma il Cav non cerca affatto il duello. Tant’è che Salvini praticamente non lo nominerà. Duello sarà però nei fatti. Nella sua ennesima, ultima, ma chissà, discesa in campo alle Europee, a un quarto di secolo dalla madre di tutte le sue discese in campo ( accadeva proprio il giorno di oggi: il 26 gennaio di 25 anni fa) non intende prendersi la rivincita su Salvini. Sa bene, il Cav, come spiega chi lo conosce bene, che il brillante ministro dell’Interno e vicepremier come minimo lo doppierà nelle preferenze, dal momento che sembra entrambi saranno capolista in tutte le circoscrizioni; sa bene che Salvini ha 45 anni e lui 82. Ma non si è Cav se ci si sottrae alla “guerra”. Perché per lui praticamente non si perde mai, visto che nella sua vita la “guerra” continua sempre. A Berlusconi non interessa il confronto con “il capitano” come chiamano in Lega il ministro dell’Interno. Interessa esserci ancora e, come ha spiegato Antonio Tajani, presidente del parlamento europeo e numero due di Forza Italia, avere quella rivincita, ritrovare quell’onore infangato dalla decadenza dal Senato dopo la sentenza definitiva Mediaset proprio in quell’Europa dei risolini che tolsero sotto gli occhi del mondo legittimazione al suo ultimo governo. A Berlusconi, insomma, almeno in questa sfida non interessa la rivincita sulla Lega e il sorpasso alle politiche del 4 marzo. Parafrasando Cuccia secondo il quale le azioni si pesano e non si contano, il leader azzurro e 4 volte premier riapplica ai voti che prenderà, con il sistema proporzionale delle Europee, la stessa logica del patron di Mediobanca. E sta già comunque apprezzando che secondo un sondaggio dopo l’annuncio del suo ritorno Fi sarebbe risalita dal 7 al 12 per cento, mentre la Lega sarebbe in flessione di oltre l’ 1 per cento. Il suo obiettivo di essere lui il vero uomo dell’Europa, quell’ago della bilancia che per Merkel ma anche per Macron potrebbe essere decisivo nel tentativo di tenere a bada nel Ppe l’ala cosiddetta sovranista capeggiata dall’ungherese Orban e anche lo stesso Salvini, alleato in Italia a livello locale. Un ago della bilancia, politico. Di craxiana memoria. Il cui peso potrebbe persino farsi decisivo, se ci sarà un’alleanza del Ppe con i sovranisti anche esterni al Ppe come Salvini, nell’elezione, se verrà candidato come si mormora, di Luca Zaia a commissario europeo. Un nome di peso quello del governatore leghista veneto, il lato cosiddetto “moderato” del Carroccio, e un modo alla fine, secondo i maliziosi, per lo stesso Salvini di mandare in Europa il suo più temibile competitor interno, facendo però guadagnare punti alla stessa Lega. In uno schema di questo tipo è chiaro che il Carroccio a Strasburgo a quel punto contribuirebbe per la conferma di Tajani a presidente dell’ Europarlamento. Il Cav sta meditando da mesi di diventare l’uomo dell’Europa, o meglio l’uomo della stabilità di una Ue che però va rinnovata e resa sempre più politica. Il Cav è stato del resto il primo che ha battuto i pugni sul tavolo Ue e mal gliene incolse. Fino ai risolini di Sarkozy e di Merkel la quale però ora che è sul viale del tramonto si trova paradossalmente ad aver bisogno di “Silvio”. La competizione ora per “Silvio” è molto più elevata di una gara all’italiana con Salvini. Ecco perché per lui il rischio dell’umiliazione non ci sarà in ogni caso.

E Berlusconi per vincere quest’altra sfida che ha imposto a se stesso ha bisogno anche di scudarsi, con una immunità europea, che sembra sia più forte di quella italiana, rispetto alle tante pendenze giudiziarie che restano sul campo nei suoi confronti. Ma chi lo conosce bene assicura che non è questo l’obiettivo principale della sua ridiscesa in campo. Racconta l’ex parlamentare azzurro Massimo Palmizio, ex top manager stretto collaboratore di Marcello Dell’Utri a Publitalia, uno che lo conosce dal 1982 e vide nascere l’impero Mediaset: «Berlusconi comunque vadano le cose pensa sempre in grande. Ricordo che quando gli chiesi un po’ ingenuamente se con il sistema delle cassette della cosiddetta interconnessione funzionale, attraverso la quale le varie emittenti trasmettevano allora con un margine di tempo di differenza da 30 secondi a un minuto e mezzo, se lui volesse fare concorrenza a Italia 1 e Rete 4, allora le altre tv private, che poi Mediaset acquisì, Berlusconi mi guardò un po’ strano e mi disse: e no io qui la concorrenza la faccio alla Rai, io sono l’uomo che spezzerà il monopolio”. E ora sarà in Europa l’uomo che arginerà il sovran- populismo?