Una storia tragica e paradossale quella del 48enne Scott Dozier che mette in luce la tortura quotidiana tortura psicologica che subiscono i detenuti nel braccio della morte.

Dopo che la sua esecuzione era stata rinviata già due volte, Dozier condannato a morte nello stato del Nevada si è tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo ad una presa dell’aria della sua cella. La tragica notizia è stata resa nota ieri mattina nell’edizione online del

Washington Post che cita il Nevada Department of Corrections il quale ha confermato il suicidio.

La scorsa estate era stata fissata, per la seconda volta, l’esecuzione con iniezione letale dell’uomo condannato per duplice omicidio. «Non ho più grandi speranze, la vita in prigione non è vita, se hanno deciso di uccidermi, procedano», aveva detto, in un’intervista telefonica con un giornale locale, rilasciata pochi giorni prima dell’esecuzione poi bloccata per un ricorso contro il cocktail letale che, per la prima volta, le autorità del Nevada intendevano usare.

Condannato in Arizona nel 2005 e poi in Nevada nel 2007, Dozier nel 2016 aveva rinunciato a lottare per salvarsi la vita e a presentare ricorsi, dicendosi pronto a morire. Ma nel Nevada, dove l’ultima esecuzione risale ad oltre 10 anni fa, la camera della morte è, come in altri stati, bloccata dall’impossibilità di avere a disposizione i farmaci un tempo usati per l’iniezione letale, a seguito di prese di posizioni di case farmaceutiche dietro le pressioni di opinioni pubblica e comunità internazionale. Una circostanza che ha permesso ai suoi avvocati di ottenere i rinvii. L’ultimo lo scorso luglio a seguito dell’azione della casa produttrice del midazolam, un comune sedativo che si intendeva usare nel cocktail letale.

La casa farmaceutica Alvogen aveva accusato infatti lo stato del Nevada di aver acquistato il farmaco «con un sotterfugio, nascondendo l’intento di usarlo nelle esecuzioni». Un giudice federale aveva accolto il ricorso riconoscendo che lo stato del Nevada aveva agito in «cattiva fede». Già nel 2017 l’esecuzione di Dozier era stata bloccata da un giudice che aveva accolto il ricorso presentato contro l’uso di un altro farmaco, il cisatracurium, agente che induce alla paralisi muscolare, che, secondo le testimonianze di esperti, avrebbe annullato gli effetti dei sedativi, provocando quindi una morte per soffocamento da sveglio al condannato.