La convenzione comunale con l’ente non era più attiva, l’uomo non ha potuto svolgere il lavoro di pubblica utilità e quindi gli è toccato varcare la soglia della prigione. La Corte di Appello, in seguito, ha accolto il ricorso dell’imputato, spiegando che è lo Stato a dovergli procurare l’ente. Una sentenza di rilievo perché non di rado accade che se l'imputato non riesce a reperire con i suoi mezzi un ente convenzionato, è costretto a espiare la pena in carcere. Il caso riguarda un uomo di Trepuzzi ( provincia di Lecce) fermato nel 2010 alla guida in stato di ebrezza e con un elevato tasso alcolemico, condannato in primo grado ad un anno di arresto e 5.500 euro di ammenda. In secondo grado la Corte di Appello concede la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità per 1 anno e 20 giorni. Il ragazzo si presenta al comune di Surbo per effettuare il lavoro di pubblica utilità. Dopo aver preso contatti, dovendo ritornare per sottoscrivere il programma, si sente dire dagli uffici del comune che nel frattempo la convenzione non è più attiva e lui quindi non può più lavorare. Il Servizio Socio Assistenziale del comune di Surbo comunica alla Procura Generale presso la Corte di Appello che il giovane non ha effettuato i lavori di pubblica attività. A questo punto viene chiesta la revoca del provvedimento e il giovane viene arrestato. L'avvocato difensore Spalluto è riuscito a dimostrare però che non tocca al suo assistito trovare un altro ente convenzionato, ma all'autorità giudiziaria. Gli atti cioè vanno restituiti al Tribunale competente perché esegua la misura con le modalità di legge, reperendo a suo onere e cura un Ente convenzionato.

I lavori socialmente utili sono una misura alternativa creata ad hoc per questo tipo di reato e secondo gli ultimi dati del Dap, al 30 novembre risultano essere 6.959 le persone che hanno fatto ricorso a questa misura. Anche a seguito alle recenti riforme del codice della strada, crescono in tutta Italia le convenzioni tra tribunali, enti locali e associazioni per la sostituzione della pena per guida in stato di ebbrezza con lavori socialmente utili. Questa possibilità è stata introdotta nel 2010 con la norma dell’articolo 186 comma 9- bis del Codice della Strada. La norma prevede la possibilità di sostituire una pena detentiva e pecuniaria, con lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. I lavori socialmente utili per guida in stato di ebbrezza sono stati individuati dalla giurisprudenza come l’iter preferenziale e processualmente favorito anche in considerazione della circostanza che danno al reo la possibilità di estinguere il reato. Le pronunce hanno avuto modo di sancire come in mancanza di opposizione del reo, l’applicazione di questa misura sostitutiva debba essere considerata la sanzione preferenziale da applicarsi in suddetta fattispecie anche nel caso dell’emissione di un decreto penale di condanna. Così è anche chiarito nell’articolo 186 comma 9- bis del Codice della Strada, che, testualmente stabilisce: «Al di fuori dei casi previsti dal comma 2- bis del presente articolo, la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste e consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze».

Sono diverse le province e i comuni che hanno predisposto progetti riservati all’inserimento dei lavoratori di pubblica utilità. Gli enti variano di tribunale in tribunale. È spesso possibile concordare con l’ente convenzionato gli orari e le giornate in cui espletare il lavoro di pubblica utilità in questione. Ora la sentenza della corte d’appello stabilisce anche l’obbligo da parte dei tribunali competenti di reperire l’ente convenzionato all’imputato.