«Non ci sarà», ha tuonato Matteo Salvini. «Sarà migliorato al Senato», ha mitigato Luigi Di Maio. «È nel contratto di governo», ha chiosato sibillina la sottosegretaria all’Economia, Laura Castelli.

A generare il bailamme all’interno della maggioranza è l’emendamento che introduce nella manovra di bilancio - oltre agli incentivi da 1.500 a 6mila euro per l’acquisto di auto ibride o elettriche l’ecotassa sull’immatricolazione dei veicoli a benzina e diesel. La previsione ( inserita in un emendamento sulla pesca, che in calce aveva anche le firme dei leghisti) è stata introdotta da due deputati grillini e approvata nottetempo tra martedì e mercoledì in commissione Bilancio. La notizia ha alzato un polverone di proteste sia dei sindacati che delle imprese: la norma «disincentiva le vendite con gravi conseguenze occupazionali», ha avvertito Federauto, mentre Marco Bentivogli ( Fim Cisl) ha parlato di «ennesimo schiaffo all'industria nazionale» e Michele De Palma ( Fiom Cgil) ha bollato l’iniziativa come «misura estemporanea». Causticamente, il presidente di Federmeccanica, Alberto Dal Poz, ha preconizzato: «Finirà che gli operatori del settore auto e i lavoratori dovranno scendere in piazza insieme». Immediato, si è aperto un fronte all’interno della maggioranza di governo. I leghisti, nel frattempo sommersi da telefonate dei concessionari del Nord e dei costruttori, hanno subito sconfessato la norma. Salvini, interpellato sul tema, ha stroncato la norma senza appello: «Sono assolutamente contrario ad ogni forma di nuova tassa su un bene già ipertassato in Italia» e ha aggiunto che «non penso che ci sia qualcuno che ha un euro3 diesel per il gusto di avere la macchina vecchia, evidentemente non ha i soldi per comprarsi la macchina nuova».

Dichiarazioni decise, alle quali i grillini hanno replicato in modo confuso. Da una parte la sottosegretaria Castelli, intervenuta direttamente in commissione Bilancio ( riunita per la revisione della manovra), ha detto senza mezzi termini: «La volontà del governo è quella di tenerla», aggiungendo che la misura «non colpisce nè chi ha un’auto vecchia nè chi acquista un’auto sotto una certa cilindrata. Tra l’altro è nel contratto di governo». La posizione tranciante, però, è stata ridimensionata - per non dire smentita - dal vicepremier Luigi Di Maio, che in un primo tempo aveva definito la norma un «bonus/ malus sulle auto». Poi, freddato dalla stroncatura leghista, è tornato sui suoi passi con un video su Facebook in cui ha sostenuto che «non esiste nessuna nuova tassa per auto già in circolazione» e che la norma «è pensata dal governo per disincentivare chi sceglie un'auto più inquinante». Poi, ha aperto a future modifiche: «si può migliorare al Senato. Ora ci mettiamo tutti intorno a un tavolo per migliorare questa norma». Intanto, è proseguito fino a sera il vertice a palazzo Chigi tra gli alleati, per mettere mano all’assetto complessivo della manovra di bilancio ( zavorrata da questo nuovo intoppo) su cui domani dovrebbe essere attesa la fiducia. Tra le decisioni prese, da inserire negli emendamenti al Senato: il reddito di cittadinanza attivo da marzo 2019 e il taglio del 40% delle pensioni d’oro.

Quanto all’Eoctassa, per il momento l’emendamento prevede che, dal 1 gennaio e per i successivi tre anni, gli acquirenti di auto elettriche, ibride o a metano riceveranno un contributo economico calcolato sulla base delle co2 emesse. Gli acquirenti di auto nuove più inquinanti, invece, dovranno pagare un’imposta legata sempre alle emissioni di co2 del veicolo. Un esempio: l’acquisto di una Panda nuova - utilitaria Fiat tra le più diffuse in Italia - avrà un costo aggiuntivo in tasse di 400 euro. Le opposizioni sono andate all’attacco. Il candidato segretario dem, Nicola Zingaretti, ha parlato di «maggioranza che si dimostra sempre più allo sbando» ; Giorgia Meloni di FdI ha definito la norma «un’aggressione alle persone normali, che non hanno i soldi per permettersi una costosa auto elettrica». Il più duro, invece, il forzista Renato Brunetta: «Al primo altolà di Salvini, Di Maio è già pronto a rimangiarsi tutto. Grillo ha messo in piedi una baracca di giustizialisti arrivisti che, ora che sono arrivati, pur di restare imbullonati alle poltrone stanno rinunciando a tutte le loro battaglie».